Sei domande sei al candidato sindaco di Milano Luigi Santambrogio

luigi-santambrogio-640-300x225Luigi Santambrogio, 52 anni, è stato assessore alla Mobilità e ambiente dal 1993 al 1997 nella giunta Formentini e presidente regionale di Italia Nostra dal 2007 al 2013. Impegnato da tempo nei comitati civici della città, è candidato sindaco di Milano per la lista “Alternativa Municipale”. Qui risponde a sei domande sei sulla sua candidatura.

 

1. Perché da solo? O con chi potrebbe allearsi?
Non sono solo. La proposta di Alternativa Municipale nasce dalle esperienze dei comitati civici democratici e dei cittadini riformisti e ambientalisti che mettono a disposizione della città le proprie competenze ed esperienze. Siamo donne e uomini di diversa formazione e sensibilità politica che hanno scelto di unirsi in una prospettiva comune, quella di mettere nuovamente al centro il ruolo e i bisogni dei cittadini. Per questo ci confronteremo sui valori e sui contenuti per cambiare il modo di governare la città.

 

2. Qual è l’iniziativa che condivide di più di quelle che le lascerà in eredità Pisapia?
Pisapia lascia in eredità un programma bellissimo, purtroppo inattuato. Su alcune questioni, come le periferie, la casa, la sicurezza non sono state ascoltate le esigenze dei cittadini, su altre si è avuto poco coraggio. Occorre ripartire da loro, definendo regole e strumenti che consentano una partecipazione diretta e organizzata della città. Ad oggi, purtroppo, la partecipazione è stata solo evocata e praticata male.

 

3. La prima opera da avviare a Milano?
Occorre mettere in sicurezza il Seveso, attraverso interventi necessari a evitare le esondazioni a nord della città, assieme alla ribacinazzazione del fiume sotto via Melchiorre Gioia, per separare le sue acque da quelle della Martesana. Infine, tra le tante opere pubbliche, c’è comunque una grave emergenza idraulica nel nostro sottosuolo, che ha bisogno di un grande intervento di manutenzione di tutte le reti sotterranee.

 

4. Il primo problema da risolvere a Milano?
Le periferie. Bisogna restituire ai cittadini in modo dignitoso luoghi oggi sostanzialmente abbandonati, spesso di degrado e sofferenza. Bisogna puntare su una nuova qualità urbana attraverso una progettazione allargata alla partecipazione. Si tratta di realizzare nuovi interventi di grande riqualificazione assieme a quelli più minuti per restituire un senso di appartenenza e di comunità ai nostri antichi quartieri. Penso, ad esempio, alla creazione di nuovi luoghi d’incontro pubblico per la comunità, così come alla realizzazione di chioschi informativi sui servizi comunali, su modello di alcune città francesi.

 

5. Dove troverà le risorse per il suo programma?
Le risorse sono molte di più di quelle che ci si immagina, ma spesso le amministrazioni pubbliche e la burocrazia non sono capaci di utilizzarle. Faccio solo un esempio: una grande città come Milano quanti progetti con fondi europei ha avviato? E comunque anche il tema della partecipazione conta. Lo strumento della consultazione popolare sul modello del débat public francese consente efficienza e riduzione dei costi e dei tempi di esecuzione. Il 95% delle proteste dei comitati, inoltre, sparirebbe se i cittadini fossero fin dall’inizio coinvolti in prima persona nella definizione dei progetti.

6. Qual è il punto debole della sua candidatura e come cerca di superarlo?
Non abbiamo alle spalle i partiti, quindi neppure ingenti risorse. La nostra forza sta nella partecipazione dal basso perché crediamo nell’esercizio di nuove forme di democrazia diretta, con nuove regole di governo e nuove modalità di gestione della cosa pubblica. Lo stiamo già sperimentando in campagna elettorale e proseguirà nell’azione amministrativa.

  • donata canuti |

    mi ritrovo perfettamente

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