L’identikit ideale del successore di Tim Geithner

L'ultimo dei Mohicani, Tim Geithner, il segretario al Tesoro dell'Amministrazione Obama, ha fatto trapelare la voce che sta meditando di lasciare l'incarico. Forse lo farà dopo che avrà raggiunto l'accordo sulla riduzione del debito al Congresso. Sarebbe appunto l'ultimo esponente dell'originaria squadra dell'economia di Obama a lasciare.

La storia di Geithner è particolare: quasi tutti, all'inizio del mandato di Obama, scommettevano che sarebbe stato proprio lui il primo a cedere, sconfitto o divorato da vecchi marpioni della politica di Washington e/o della finanza di Wall Street come Lawrence Summers o Paul Volcker. Invece Geithner è ancora lì, tutti gli altri no.

Ora però sembra arrivato il suo turno (d'uscita), allora inizia il totosuccessore. Ha aperto le danze in grande stile il Wall Street Journal di oggi che, a sorpresa, inserisce nella lista dei possibili successori anche Janet Yellen, vicepresidente della Federal Reserve, fautrice di una linea della banca centrale americana tesa a fare tutto il possibile, e forse qualcosa anche di più, per stimolare la ripresa economica. Sarebbe sì una "banchiera", ma sarebbe la scelta di una persona che ha richiamato più volte alla "responsabilità" le banche di Wall Street.

Tra i nomi messi in campo dal WSJ c'è anche quello di Bill Daley, capo dello staff della Casa Bianca. Ma in questo caso la scelta sarebbe interpretata davvero come troppo filobancaria. Daley è un pezzo da novanta dell'Amministrazione Obama ma è soprattutto l'ufficiale di collegamento con Wall Street: in passato è stato segretario al Commercio ma anche ai vertici di J.P. Morgan Chase. Lo stesso discorso varrebbe anche nel caso in cui la scelta ricadesse su uno dei protagonisti assoluti del mondo bancario americano: Jamie Dimon, ceo di J.P. Morgan Chase.

Nella rosa dei possibili successori il quotidiano on line The Politico inserisce anche nomi molto particolari. Come quello della "mitica" e ingiustamente poco nota Sheila Bair (sarebbe forse la scelta migliore, nda). O addirittura quello del sindaco di New York, Michael Bloomberg.

Mentre quello di Bloomberg sembra il classico nome suggestivo da buttare nella mischia senza troppa convinzione, la scelta di Sheila Bair avrebbe una logica stringente. Da capo dell'organismo statunitense che assicura la copertura dei depositi degli istituti finanziari e vigila sull'attività degli istituti di credito locali, Bair ha più volte invocato regole serie per far sì che le banche facciano soprattutto le banche e non soprattutto i finanzieri d'assalto. Ha inoltre più volte criticato l'eccesso di esposizione statale su mutui e dintorni, spiegando che gli eccessi di interventismo statale e di liquidità sui mercati sono gli ingredienti di cui si nutrono le attuali e future bolle. Bair dunque sarebbe un'ottima scelta, ma non è probabile la sua nomina: fu nominata da Bush nell'incarico alla FDIC, anche se poi è stata confermata da Obama, e in America lo spirito bipartisan è spesso più concreto che da noi.

Il problema numero uno dell'Amministrazione in realtà sono due. Il primo è la forza (o no) del dollaro, che però è più argomento da centro studi e da dibattito tra economisti o tra analisti geopolitici che tema da campagna elettorale. Il secondo guaio è la disoccupazione, primo problema, in termini di rilevanza, che Obama deve dimostrare di saper affrontare se vuole fare un secondo mandato alla Casa Bianca. Da questo punto di vista, un bravo esponente di Main Street, dell'economia reale, sarebbe la scelta migliore: un grande imprenditore o un manager che ha dimostrato di saper far crescere un'azienda sarebbe, in questo campo, l'identikit perfetto.

Oppure c'è sempre l'opzione del professore. A Bill Clinton andò bene con Robert Reich, ma per ora a Obama i professori non hanno portato benissimo (vedi Summers).