La rete è un fiume – Spunti di politica 2.0

La rete è un fiume. Non c’è niente da fare, nessuna
metafora, a mio giudizio, veste meglio Internet. La rete è come un fiume perché
non si ferma mai, anzi sfocia in un mare di persone, di idee e di luoghi
virtuali, dunque liquidi, fluidi ma potenti. E non è affatto detto che ci sia
sempre dolce il naufragar in quel mare. La rete è come un fiume perché ci sono
dei ponti per passarle sopra, guardare sotto e andare dall’altra parte. La rete
è come un fiume perché puoi scegliere di stare sulla riva del corso d’acqua e
osservare passare chi passa e aspettare, come il cinese, il cadavere di molte
nostre convinzioni passate. La rete è come un fiume perché già molta acqua è
passata sotto i ponti. La rete è un fiume perché è molto difficile risalire la
corrente, soltanto i salmoni ci riescono. La rete è un fiume perché tutto
passa, come il “panta rei os potamòs”, tutto passa come un fiume, di Eraclito: «Non si può discendere
due volte nel medesimo fiume, non si può toccare due volte una sostanza mortale
nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento
essa si disperde e si raccoglie, viene e va». Ecco, la velocità del mutamento: la rete è come un fiume perché lì ci
sono anche le rapide. La rete è un fiume perché ci si può tuffare, dunque
entrare da soli, a nuoto oppure lo si può navigare con un motore di ricerca e
ci si può buttare in compagnia: “Ehi, ragazzi, andiamo assieme a fare il bagno
al fiume”. La rete è un fiume di parole, di immagini. La rete può essere un
fiume di insulti, di calunnie e di stupidaggini. E anche in questo caso,
purtroppo, è molto difficile risalire la corrente. La rete è un fiume perché il
suo corso può essere deviato artificialmente, ma se poi si ingrossa, il fiume,
e la deviazione è troppo artificiale, allora esonda. La rete è un fiume perché
ci sono i serpenti. La rete è un fiume perché si può tentare di mettere delle
dighe, ma se quelle dighe sono chiusure e censure fine a se stesse, allora la
rete da fiume si fa ruscello e devia verso spazi più liberi o diventa
sotterranea come un fiume carsico. La rete è come un fiume perché a volte delle
chiuse possono servire a pareggiare dislivelli, a superare ostacoli. Ce lo
insegna il Leonardo dei Navigli. La rete è un fiume perché può irrigare i campi
del lavoro quotidiano, gli orti delle campagne. La rete è un fiume perché se
ben organizzata porta acqua al nostro mulino, nelle nostre case, porta servizi
che prima non avevamo. La rete è un fiume perché se metti un mulino sul suo
corso puoi ricavarne energia ed energia verde ed energia a basso costo. Poi
tutto sta a vedere che cosa fai con quella energia. La rete è un fiume che
se s’ingrossa, se esce dagli argini naturali, può distruggere tutto, cancellare
ogni punto di riferimento, rendere il paesaggio lunare e triste come quello che
mi capitò di vedere nel mio amato Piemonte dopo l’alluvione del ’94. La rete è
un fiume perché quando piove troppo c’è bisogno della protezione civile. La
rete è un fiume perché abbiamo la speranza di vederne i limiti, mentre del mare
non possiamo coltivare lo stesso desiderio. La rete è un fiume perché passa nei
centri delle città. Perché spesso fa delle curve, perché a volte è quasi in
secca, perché ci può portare da un punto all’altro. La rete è un fiume perché a
volte è profonda e a volte no. Perché sul suo percorso il paesaggio cambia
spesso. Perché se guardi sott’acqua, nel greto, si trovano detriti di vecchie
cose, di altri mondi. Perché trascina tutto verso il mare. Perché se qualcosa
galleggia sarà trasportato, se no no. La rete è un fiume perché puoi decidere di
un buttarti, ma se lo fai poi non puoi stare fermo, devi nuotare o, se ci sei
caduto per sbaglio, aggrapparti a qualcosa; altrimenti sarà la forza del fiume
e non tu a decidere dove andare e che cosa fare. La rete è un fiume perché ti
ci puoi divertire in canoa, ma ci puoi anche lavorare, spostandoti, pescando,
muovendo merci. Ci puoi perfino vivere sul fiume, nella rete, come sulla
chiatta della milanesissima scena finale di un film di Renato Pozzetto che mi è
successo di vedere di recente: ci sono lui, c’è soprattutto Ornella Muti, il
grande Piero Mazzarella e dal cielo e da un elicottero che ricorda quello di
Ben Bernanke piovono banconote. I due si abbracciano, Pozzetto e Muti, la barca
va sul Naviglio (e riapriamoli tutti, i Navigli, tanto per fare rete in
Lombardia). Ecco si può essere “Un povero ricco”, come dice il titolo della
pellicola di Pozzetto. Sì, si possono anche fare i soldi sulla rete, ma nel
fiume però possono anche andare dispersi, come quelli buttati dall’elicottero.
Diciamolo, la rete è da anni anche un fiume di denaro. Azzecchi un ormeggio,
costruisci un porticciolo che funziona, un’attrazione che appassiona, e diventi
ricco. Ma la vita sul fiume non è sempre facile, c’è chi ci ha perso tutto,
come nella favola del Pesciolino d’oro, con il contadino-pescatore e sua
moglie, anziani, che troppo vollero e alla fine nulla strinsero in mano. Anche
se lì, nella fiaba di Pushkin, di mare e non di fiume si trattava. La morale
vale lo stesso.

Alla politica non
dovrebbero dispiacere i fiumi di persone e idee che potrebbero diventare voti e
poi decisioni, piacciono un po’ meno i flussi di consensi da un partito, il
proprio, a un altro, il rivale. Ma allora nel fiume della rete che cosa può
fare la politica? Che cos’è la Politica 2.0?

L’appunto più chiaro
e sintetico in proposito l’ho trovato su un volume dell’Istituto di Studi
politici S. Pio V di Roma ed edito da Apes. Lo hanno scritto Stefano Epifani,
Alessio Jacona, Roberto Lippi e Magda Paolillo. S’intitola “Manuale di
comunicazione politica in rete” ed è un testo molto chiaro, semplice e
condivisibile. Lì si dice:

“Sono diversi i
motivi che stanno avvicinando progressivamente la politica a Internet e che
stanno facendo del web uno dei canali di informazione più apprezzati da chi fa
politica, sia a livello centrale che territoriale:

1.  Internet è uno dei canali (e riecco che torna il fiume) di informzione
più seguiti dai cittadini;

2.  i cittadini si informano di politica direttamente on line;

3.  la costruzione del consenso passa sempre più spesso dalla rete;

4.  la rete consente ai politici di fare informazione senza intermediazione e
con spazi di approfondimento”.

Ma che cosa deve
fare la politica, una volta che si è tuffata nel fiume, per “costruire il
consenso nell’era del web 2.0”, come recita il sottotitolo del manuale appena
citato?

Visto che siamo a ridosso della campagna elettorale ho
pensato di compulsare testi e consultare guru della politica 2.0 per
raccogliere regole utili per sfruttare al meglio le potenzialità della rete.
Eccole:
 

Prima
regola: fa’ in modo che appaiano chiari sia il gran numero dei tuoi amici, sia
la loro appartenenza a ceti sociali diversi.
 

(E qui dell’utilizzo di Facebook
pare trattarsi).

 

Seconda
regola: è utile che quelli al cui ceto e al cui novero tu vuoi essere ammesso,
ti stimino degno e del ceto e del novero.
 

(Sperare dunque che sia usato
spesso il tasto I Like).

 

Terza
regola: quelli che ti sono indifferenti, se li renderai a te favorevoli, ti
saranno di grande vantaggio.
 

(Mandare a tanti la richiesta di
amicizia, quindi, e magari anche personalizzandola).

 

Quarta
regola: chi aspira alle cariche pubbliche deve mirare a due obiettivi distinti:
ottenere l’appoggio degli amici e ottenere il consenso popolare. E’ opportuno
che l’appoggio degli amici nasca da dimostrazioni di affetto e di stima, da
antica consuetudine, da accondiscendenza e giovialità di carattere. Ma la
nozione di amico è molto più estesa durante la campagna elettorale che negli
altri momenti della vita.
 

(Quindi il social network non
basta, come minimo ci vuole anche un blog e sul blog bisogna attirare tanta
gente).

 

Quinta
regola: bisogna fare in modo che ogni uomo a te intimamente legato o che fa
parte della tua cerchia ti ami e desideri il tuo successo.
 

(Oltre al tasto “I like” gli amici
devono mobilitarsi con eventi e condivisioni delle tue idee sul social network)

 

Sesta
regola: Bisogna poi farsi amici di ogni genere: per l’immagine servono uomini
illustri a causa del loro nome e delle loro cariche; per avere il sostegno
della legge servono magistrati.
 

(Beh, sul sostegno dei magistrati
mi pare che la cronaca dica già tutto).

 

Settima
regola: poiché tre cose soprattutto inducono gli uomini alla benevolenza e
all’impegno elettorale – i benefici, la speranza, la comune inclinazione degli
animi e degli intenti – bisogna considerare il modo per assecondarle tutte e
tre.
 

(Va creata la community, magari
anche più community).

 

Ottava
regola: dopo esserti assicurato la devozione dei tuoi amici, cerca di sapere
chi ti denigri e ti sia nemico, e perché.
 

(Intanto, meglio iscriversi al
servizio di Google che ti invia a fine giornata le citazioni sul web del tuo
nome e poi studiare e controllare la rete, osservare bene il fiume, sopra e
sotto).

 

Nona
regola: fa’ che sia evidente il tuo sforzo per conoscere i cittadini, aumentalo
e miglioralo di giorno in giorno.
 

(L’interazione è la prima regola
che il politico 2.0 deve rispettare, se no, sembra soltanto uno che vuole
sfruttare la rete, senza ascoltarla: se ti butti nel fiume, devi nuotare,
appunto).

 

Decima
regola: è molto utile essere sempre presente, tuttavia i frutti dell’assiduità
non derivano soltanto dallo stare a Roma. Abbi cura che si possa venire da te
giorno e notte e che aperta sia non soltanto la tua casa ma anche l’espressione
del tuo volto che è la porta dell’animo.
 

(Quindi pronti a usare twitter e
affini a qualunque ora).

 

Ecco,
poi, al guru della politica 2.0 tocca anche ricordare un trucco non pregevole
tanto in voga in rete. Eccolo: “Abbi cura anche, se è possibile trovare
qualcosa, che circoli nei confronti dei tuoi concorrenti un sospetto di infamia
– per crimini, lussuria, sperperi – in accordo con la loro condotta di vita”.
Eh sì, che tristezza, la rete non dovrebbe ma è anche questo.
 

Le
citazioni commentate sono di un nome famoso della politica e della
comunicazione: Cicerone. Ma “Quinto” Cicerone, fratello del più noto Marco
Tullio. Questi consigli Quinto li ha scritti per la corsa del fratello alla
carica di console e l’editrice Anabasi li ha pubblicati come “Piccolo manuale
per una campagna elettorale”. Marco Tullio non era su Twitter, ma i consigli
dimostrano che regole, valori, forze della politica furono, sono e saranno gli
stessi. Si devono capire e sfruttare le differenze tra gli strumenti, tra un
foro romano e un forum www, senza dimenticare che la storia è un fiume, come la
rete.

 

Ho letto questo mio testo, più o meno tutto, all'inaugurazione della quarta edizione delle giornate del libro politico, alla Camera dei deputati, il 26 ottobre 2012 (ecco il video). Ringrazio il presidente della Camera, Gianfranco Fini, e l'Associazione Italiana Editori per l'invito.