Matteo Renzi e l’elogio della cattiveria in politica

Matteo Renzi, sindaco di Firenze, è il futuro possibile, probabile e imminente del centrosinistra. Lo sanno (quasi) tutti. E' il segreto di Pulcinella. Lo sapevano perfino molti degli elettori di Pier Luigi Bersani alle primarie del centrosinistra.

E' un dato chiaro a tutti, anche se in molti, soprattutto tra gli avversari soprattutto interni al Partito democratico (e al centrosinistra) del candidato "rottamatore" alle primarie, cercheranno di evitare una simile prospettiva. Ormai l'evidenza è accettata anche da Massimo D'Alema.

Per questo motivo, proprio in questi giorni Renzi corre un rischio sottile, ma serio. Sì, perché gli italiani, con il recente voto, hanno dato un chiaro messaggio teso a ottenere dalla politica essenzialmente due cose: un cambiamento radicale di atteggiamento nei confronti del disagio sociale e dell'avversione ai costi e agli sprechi della stessa politica e poi la verità.

Gli antichi merletti della politica della prima e in parte della seconda Repubblica non sono più nemmeno mal considerati, sono semplicemente o snobbati o odiati o irrisi. Per questa ragione, giusto o sbagliato che sia, la legittima e naturale e giusta discussione fiume della direzione del Partito democratico è apparsa un'ulteriore inclemente condanna di vecchiaia nei confronti della più importante, seppur di poco, coalizione politica del paese.

Dunque, Renzi, in questa fase, deve stare attento a non confondere gli elettori, a non scalfire nemmeno per un'anticchia quella patente di onestà intellettuale che (quasi) tutti gli riconoscono, a non sembrare nemmeno lontanamente già vecchio prima ancora di essere il nuovo.

Bene la lealtà al partito, ma attenzione a non apparire un po' stucchevole nei panni del politico disciplinato, del bravo ragazzo che si comporta sempre bene; bene la lealtà alla coalizione e al suo leader pro tempore, Pier Luigi Bersani, ma senza nascondere il fatto che per lui, Renzi, ormai non è più questione di se, ma soltanto di quando, senza nascondere il fatto che, anche se non lo è a parole, ormai è del tutto in campo e in campo nazionale nei fatti. (Altroché torno a fare solo il sindaco di Firenze).

Il risultato elettorale è stata la conferma della sua analisi (bisogna aprirsi per vincere), questa conferma assegna allo stesso Renzi una responsabilità, quella di ammettere che sì, su di lui ricade il compito, l'onere e l'onore della rifondazione possibile del centrosinistra, anche in una sua probabile alleanza con il centro di Mario Monti, visto a pranzo per due ore martedì scorso.

Bene che Renzi dica in televisione che è altrettanto bene che Bersani faccia il suo tentativo con i relativi otto punti di un programma così ben dettagliato che verrebbe da chiedere perché non è stato al centro della campagna elettorale.

Bene che Renzi marchi un po' di distanza dalla lunga e poco autocritica direzione del Pd, alzandosi e andandosene, ma – come ha detto lo stesso Bersani in campagna elettorale – attenzione che di tattica si può anche…

Renzi è in campo e un attimo dopo il fallimento del tentativo di Bersani dovrà dire fino in fondo la verità sul futuro del centrosinistra, del Pd e suo personale.

Insomma, il sindaco di Firenze deve stare attento a non perdere l'attimo, a non perdere il momento per mostrarsi sincero e dunque anche un po' cattivo.

Duole davvero dirlo, ma una certa cattiveria, in politica, a volte è necessaria per testimoniare la propria determinazione nel cambiamento e per garantire un bene possibile al paese. Poi, certo, è sacrosanto e saggio che Renzi dica e ridica che toccherà a lui quando vincerà le primarie e le elezioni, non per vie traverse, seppur costituzionalmente legittime.

Peraltro, in questo caso, si tratterebbe di una cattiveria liberatoria (che i re della politica che fu siano nudi, infatti, se ne sono accorti in tanti). Si tratterebbe semplicemente di dire: sono qua, mi metto al lavoro, riaccendiamo il camper e dunque il processo politico, facciamo le primarie e candidiamoci con un progetto ottimista alla guida del paese. Girando l'Italia, come fece Romano Prodi.

Una volta colto l'attimo della (ri)partenza, poi i tempi e i modi seguiranno. E cogliere l'attimo è molto importante, soprattutto per un leader che ha scelto come motto elettorale la parola "Adesso!".

La puntata (in qualche modo) precedente: Gentile professor Monti, ecco che cosa non deve diventare Scelta civica.

  • paola |

    Credo di poter parlare a nome tutti gli italiani:
    -Salvaci da Rosi Bindi!
    Le cose potranno solo peggiorare … a casa i vecchi dirigenti PD, anticipate “il movimento dei bastoni”
    (vedi annuncio ieri sera da Santoro).

  • ciccio cimano |

    Ma vi siete dimenticati che Renzi è un VECCHIO democristiano che ha iniziato a fare politica nella parrocchietta del suo paese ed è un rappresentante da sempre del mondo cattolico furbo ed arrivista . Basta dare un occhiata al suo lungo curriculum politico . Renzi è nel PD non per convinzione , ma per convenienza . E’ contrario al finanziamento pubblico perchè sa da chi farsi finanziare ( e anche questo lo sapete ) Ora , da vecchio DC alla Casini tegameggia convinto che prima o poi qualcuno lo chiamerà a fare il Salvatore della Patria . Io personalmente mi auguro che faccia la stessa fine di Casini . Con una differenza :Casini ci ha messo la faccia ed ha perduto ( sono sicuro però che non si arrenderà ) , Renzi , in questo momento , non ci mette neanche quella .

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