Perché il blog di Grillo è vecchio, dunque ultramoderno

Qualche giorno fa, sul Corriere della Sera, Serena Danna, firma di punta della Lettura, l'inserto domenicale del quotidiano di via Solferino, ha scritto un bell'articolo per dire: andiamoci piano con il dire che Beppe Grillo e soci (leggi Casaleggio, ndr) sono molto moderni, iperguru della rete e superinternettari ultrasmanettoni, perché in fondo sul web non c'è nulla di più vecchio (rispetto ai rapidi progressi della rete) che quel tipo di blog, che www.beppegrillo.it, così unidirezionale, assertivo e poco "social".

L'analisi di Danna era ed è originale e acuta, al punto che anche il britannico Guardian le ha chiesto un contributo su questo argomento. Eccolo: Why Beppe Grillo won in Italy: it wasn't because of social media.

Vero, il blog di Beppe Grillo appare "old new media", soprattutto da un punto di vista grafico e (forse anche) informatico. E poco "social media oriented". Basta andare sul sito per vedere quanto sia caotico, sgraziato e per certi versi antico il sito del leader del Movimento 5 Stelle.

Però va considerato un altro aspetto. La rete è "'na livella". Nel senso che la rete non è fatta di cose, ma è fatta di idee e di community, di immateriale, è un divenire, un fiume, non una casa, un giornale, un posto che può essere bello o brutto.

In rete non c'è una precisa scala di valori tra il vecchio e il nuovo, il bello e il brutto, il giusto e lo sbagliato. O per lo meno non c'è ancora, magari ci sarà. Magari è perfino auspicabile che ci sia. Oggi però comanda l'efficacia, il fine. Questo è il problema.

Ora, come al tempo dei pionieri di un qualunque nuovo mondo, la graduatoria è di solito più spostata sui termini della funzionalità, del fine che nobilita i media, e dell'identità come primo grande passo.

Può piacere o no, ma c'è qualcosa, in questa fase, di più efficace, seguito e identitario (per una community sempre più grande) del blog di Grillo?

Il blog, se fatto con idee e con la capacità di creare community, è strumento sempre efficace, anche se più o meno moderno. Il bello della rete è che le idee, nel bene e nel male, prendono il sopravvento rispetto alla forma e allo strumento scelto. Il magnete è l'idea, la priorità è l'identità, la forza è la community; la grafica, l'aspetto e la modernità editoriale sono optional, non principi essenziali: possono rafforzare e arricchire l'essenziale, ma non sostituirlo o sopravanzarlo. Il cosiddetto "engagement" e la forte interattività non sono dogmi, non ancora.

Per questo la battaglia culturale in rete deve essere più spostata sulle buone idee che sulle cattive abitudini, vestite o no di abiti gradevoli.

Insomma, in rete l'abito non fa il monaco. Proprio no.

Anzi, nel caso di Beppe Grillo, l'aspetto caotico e comune del blog (d'antan) può perfino essere stato scelto così sgraziato non a caso. Un po' come Mike Bongiorno era efficace in televisione perché non faceva sentire il telespettatore un gradino più in basso rispetto alla tv. Anche se era totalmente "unidirezionale".

In questo modo Grillo appare uno tra i tanti blogger di una comunità, il suo utilizzo della rete dà l'idea del vecchio porta a porta elettorale, non delle colossali campagne televisive o sui cartelloni. Grillo sembra uno tra tanti. Non è così, ma l'immagine di un po' di dilettantismo in tempi di idiosincrasia per i professionisti della politica può essere tutt'altro che vecchia. Purtroppo.

A proposito dell'efficacia del blog di Beppe Grillo:

Il giro d'affari del blog di Grillo? Almeno tra 5 e 10 milioni all'anno.


  • fulvio1861 |

    Un po’ come il capo del governo che miete il grado a torso nudo

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