L'analisi più azzeccata e chiara di ciò che sta avvenendo nella e alla Lega nord l'ha fatta l'ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, in un'onesta intervista a Repubblica in occasione del ventennale (meglio non dire ventennio, nonostante il titolo dell'ultimo libro dello stesso Fini), di An: la Lega è "alla ricerca di un'identità, dopo il flop del federalismo, la perdita di verginità con la corruzione in casa".
Da qui, l'incontro tra Matteo Salvini e Marine Le Pen, l'eurostracismo, il ritorno duro delle campagne anti immigrati (con lo stesso Salvini che scrive su Twitter: "Reato di immigrazione CLANDESTINA, cancellato. Solo la Lega ha votato CONTRO. Prepariamoci a portare la Battaglia nelle piazze), le urla perché "mi fa SCHIFO un parlamento che vota uscita da carcere di migliaia di delinquenti per reati gravissimi" (sempre Salvini su Twitter e in diretta tv).
Dunque il Salvini che ha battuto Umberto Bossi alle elezioni per la segreteria diventa bossiano nella lotta quotidiana per i voti in vista delle europee. Flirtare con i temi populisti non è cosa buona giusta, ma cercare di innalzare i toni per innalzare l'audience può essere un tentativo naturale per un neosegretario giovane che ha una certa concorrenza agguerrita all'interno di un partito in difficoltà da tempo.
Il problema è che nelle battaglie euroscettiche il MoVimento 5 Stelle, mai stato al governo mentre in Europa si decidevano alcune delle cose che ora la Lega contesta, appare più agguerrito. Inoltre, per un movimento federalista, autonomista, indipendentista, alleanze con partiti che il termine "nazionale" ce l'hanno perfino nel nome, come nel caso del Front National francese, appaiono un po' innaturali. Infine, al netto del Piemonte di Roberto Cota, gli ultimi successi veri, elettorali e politici, della Lega sono stati ottenuti più con gli abiti governativi di un Maroni, di uno Zaia, di un Tosi, che con quelli barricadieri. C'è poi chi ricorda con qualche nostalgia anche la Lega delle origini antistataliste, a tratti liberiste e un filo anarchiche, venature non proprio lepeniste.
Oggi fanno premio i temi caldi come immigrazione, euro, crisi? Ok, ma dopo le europee allora c'è da scommettere che si vedranno di più in giro i leghisti in giacca e cravatta che quelli in maglione e braccialetti verdi.
Salvini è un politico duttile e sa calibrare toni e modi, ma potrebbe ritrovarsi troppo esposto sul fronte scamiciato di fronte a un Tosi sornione e più "governabile" nel senso di candidabile in posizioni operative e istituzionali.
Può essere che Salvini voglia ritagliare per sé proprio il ruolo del leader di lotta, lasciando ad altri le altre incombenze che toccano agli esponenti politici e cercando di non fallire alla prima occasione elettorale. Resta il problema di fondo che Bossi aveva risolto e la nuova Lega ancora no: l'identità di un partito non si crea con le conveniente elettorali, ma con testa, pancia e cuore, anche se i toni possono a volte essere calibrati e le sfumature enfatizzate per esigenze di consenso in tempi di urne alle viste.
Insomma, prima l'identità, poi la tattica. Non viceversa, altrimenti ti sgamano e non ti premiano.