Tutti i partiti che nascono da una scissione – vale anche per quelli storici – hanno un peccato d'origine, un difetto di produzione: perché sgorgano con entusiasmo da una rottura, che accende gli animi e incoraggia gli impulsi, ma poi devono darsi un'identità che non sia la semplice opposizione alla casa madre. Anche dal punto di vista tattico, hanno problemi e spazi ridotti di manovra. Perché se nascono per avvicinarsi a una determinata e preesistente forza politica in un quadro parlamentare dato, devono sperare che quel quadro parlamentare e quella forza politica abbiano successo per vivere un po' di consenso riflesso nel mentre è costruita l'identità del nuovo partito.
Questa è stata la scommessa di Angelino Alfano e del Nuovo centrodestra, con in più un quid tattico di porta sempre aperta alla (ri)alleanza con Forza Italia. Finché ha retto lo schema lettian-alfaniano ha avuto buon gioco tattico il Nuovo centrodestra.
Ma quando Matteo Renzi e Silvio Berlusconi hanno ribaltato il tavolo e il quadro con il dialogo sulle riforme istituzionali e il conseguente arrivo del sindaco di Firenze a Palazzo Chigi, perché fidarsi del Cav. è bene ma non fidarsi troppo è meglio, allora tutto è cambiato per Alfano e il Nuovo centrodestra.
Da subito la forza politica dei diversamente berlusconiani è apparsa come l'alleato più riluttante del governo Renzi primo. Mentre Berlusconi sembrava e sembra morir dalla voglia di appoggiare Renzi ma non può farlo, Alfano sembrava e sembra morir dalla voglia di non appoggiare Renzi, ma deve farlo. Problema.
Anche perché nel frattempo i ponti con i berlusconiani doc si sono prima assottigliati e forse ora addirittura interrotti, dopo la polemica sarda degli utili idioti. Che fare?
Il Nuovo centrodestra ha poco spazio di manovra tattica: al governo con il broncio, frenatore sulle riforme istituzionali, in quanto refrattario al rischio di tornare alle urne nell'immediato dopo aver riscritto la legge elettorale, e con qualche guaio di personale politico e di circo mediatico-giudiziario. Riavvicinarsi a destra è dura, stare troppo stretti a sinistra pure di più. Al centro? Ma per dire cosa?
Che fare? Alfano potrebbe rilanciare sui contenuti oppure spiazzare lanciandosi in una campagna coraggiosa, perché in apparenza contraria ai proprio interessi contingenti, capace però di fargli, questa volta definitivamente, (ri)conquistare il quid. I buoni temi su cui spiazzare e rilanciare potrebbero appunto essere le riforme istituzionali, innanzitutto: immaginate che forza avrebbe un Alfano, leader di una forza non maggioritaria, capace di mediare una riforma in senso davvero maggioritario delle nostre istituzioni. Oppure potrebbe giocare la sua partita sull'economia: rafforzando le istanze renziane di modernizzazione, bilanciando le tentazioni social-conservatrici della sinistra Pd e guadagnando crediti nei confronti dello stesso premier. Vedremo.