Giovanni Spadolini, lo Stato d’Israele, l’ebraismo

Il rapporto con lo Stato d’Israele e– col tempo – con l’ebraismo è stato un aspetto centrale dell’attività e della riflessione di Giovanni Spadolini. La sua particolare attenzione per il Medio Oriente inizia con la crisi di Suez del 1956. Da quella vicenda e da altre successive Spadolini trasse materia per una riflessione più generale sul nazionalismo arabo:

«Il così detto moto arabo, nelle forme in cui si è finora espresso, non ha nessuna rassomiglianza con i movimenti verso l’indipendenza nazionale, non diciamo dell’Europa del secolo scorso, ma degli stessi popoli ex-coloniali che nel corso degli ultimi decenni sono usciti di tutela. Forte è invece la rassomiglianza con i movimenti totalitari del primo dopoguerra, e più precisamente degli anni ’30-’40: la concezione della lotta di classe trasferita sul piano delle relazioni internazionali; la tecnica del “colpo di stato”; l’istigazione sistematica all’odio contro le nazioni più libere e più progredite, dipinte alle folle inconsapevoli come l’unica causa dei propri mali e della propria miseria; il culto mistico del “capo” e della “razza”; l’istinto dell’avventura che fa smarrire ogni senso del limite, sono tutti elementi che documentano che ci troviamo dinanzi a una forma di ideologia totalitaria, lontana dalle origini democratiche e mazziniane dell’antico indipendentismo arabo».

Una risposta inquietante, “Il Resto del Carlino”, 17/8/1958

via Giovanni Spadolini, lo Stato d’Israele, l’ebraismo (Il Foglio).

Grazie a Marta Cagnola per la segnalazione