A prima vista, la candidatura di Stefano Parisi a sindaco di Milano per il centrodestra ha due punti di forza e uno di debolezza. I punti di forza riguardano la figura di Parisi, il punto di debolezza riguarda invece le sorti del centrodestra ed è in fondo frutto (nascosto, ma non troppo) dei punti di forza del prescelto.
Insomma, la sensazione è che il centrodestra e i suoi attuali leader abbiano trovato, grazie a Parisi, una buona soluzione per Milano, ma abbiano rinviato, assieme al vertice dell’investitura milanese (rinvio dal peso simbolico) e grazie all’ottima “toppa” politica rispetto al caos romano, la scelta dello schema di gioco per (primo) ricostruire l’alleanza e (secondo) candidarsi a essere una coalizione di governo credibile e alternativa al centrosinistra renziano.
Infatti c’è una domanda che non ha risposta: di che schema di gioco politico è figlia la candidatura di Parisi? Di quale scelta strategica? Non c’è risposta perché la scelta di Parisi nasce da tante debolezze dei partiti e dalla necessità di non scontentare nessuno dei maggiorenti del fu polo moderato. Certo, la candidatura è ottima – primo punto di forza – perché Parisi è stimato, ha tutte le carte in regola per sfidare da ex city manager di Milano un altro ex city manager di Milano. Inoltre – secondo punto di forza – Parisi ha subito riunito dietro di sé la coalizione che governa la Lombardia, compreso quel pezzo di possibile coalizione, l’Ncd, che governa a Roma con Matteo Renzi.
Ma l’idea era che a Milano si potesse intuire il primo passo del nuovo centrodestra – ecco il punto di debolezza – invece con una scelta di alto profilo, ma poco politica (a proposito, ma la Lega non voleva un candidato sindaco politico?) e fuori da un preciso schema di gioco per ricostruire l’alleanza, si corre il rischio di semplicemente rinviare la soluzione del problema strategico.
Se Parisi vince – e può vincere, anche se il favorito resta Beppe Sala – avrà vinto Parisi. Ma il nuovo centrodestra sarà ancora (quasi) tutto da ricostruire, sebbene il vecchio potrà festeggiare. Se Parisi perde, avrà riperso il vecchio centrodestra, nonostante la buona scelta di un buon candidato.
Ovviamente discorso del tutto diverso potrebbe essere fatto se il centrodestra decidesse di essere finalmente contendibile e dunque rinnovabile anche dal basso, con le primarie aperte a Corrado Passera, a Nicolò Mardegan e a chi ci vuole stare. Le primarie, peraltro, potrebbero dare allo stesso Parisi quel di più di forza politica che Beppe Sala può vantare dopo aver vinto contro Francesca Balzani, Pierfrancesco Majorino e Antonio Iannetta.
(Ovviamente Sala ha altri problemi legati alla tenuta della coalizione, ma ovviamente il tema merita un capitolo a sé, presto)