Parisi, Sala e qualche rompicapo numerico attorno ai due turni

Nel 2011 Giuliano Pisapia, candidato sindaco del centrosinistra a Milano, superò Letizia Moratti, candidato sindaco del centrodestra, già al primo turno, ma prendendo (sempre al primo turno) un numero di voti (315.862) inferiore, seppur di poco, rispetto ai consensi ottenuti da Bruno Ferrante (319.487), sconfitto al primo turno dalla stessa Moratti nel 2006. Le precedenti scelte del centrosinitra, Sandro Antoniazzi e Aldo Fumagalli, ricevettero al primo turno un numero di consensi nettamente inferiori rispetto a quelli di Pisapia, anche se Fumagalli, contro il primo Albertini, seppe incrementarli, e parecchio, al secondo, pur rimanendo molto distante dal rivale di centrodestra.

Il problema per il centrodestra, guardando alla storia recente, sembra essere dato dal fatto che il candidato del centrosinistra, se piace al centrosinistra, tra il primo e il secondo turno non soltanto tiene i propri consensi ma li aumenta un bel po’ (da questo punto di vista sarà decisivo l’elettorato del Movimento 5 Stelle, nel caso in cui il suo candidato non andasse al ballottaggio), mentre il candidato di centrodestra, se piace, fa il pieno già al primo turno (Albertini II e Moratti I vinsero senza bisogno di ballottaggio), mentre, se non entusiasma molto, fatica a portare al voto i suoi già al primo turno, figuriamoci al secondo.

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Un’eco di questo ragionamento si può cogliere anche nelle recenti parole di Silvio Berlusconi, anche se in questo caso riferite alle elezioni politiche: “Il centrodestra ha una sola possibilità di vincere le elezioni, farlo al primo turno superando il 40%”. Sembra che anche il Cav. sia dunque consapevole e preoccupato dello scarso potenziale di crescita dei consensi per il centrodestra e i suoi candidati tra primo e secondo turno. E’ la ragione per cui questo sistema elettorale simil-francese è sempre stato più gradito nel centrosinistra che nel centrodestra.

Stefano Parisi – non c’è dubbio – si è rivelato un candidato molto forte e molto gradito al (suo) centrodestra, tanto da riunirlo in tutte le componenti, caso raro in queste amministrative, ma anche non sgradito a settori dello schieramento a lui avverso. Parisi ha inoltre invertito un trend che sembrava immutabile, nel senso che all’inizio della campagna elettorale la candidatura di Beppe Sala, Mr. Expo, pareva così nota e tosta da non lasciar spazi alle incertezze. Lo scenario è via via mutato. Ora la partita sembra aperta, al primo turno. Per il secondo turno, resta il problema per il centrodestra di (primo) (ri)portare a votare i propri elettori e (secondo) accrescerne più del solito il numero al ballottagio. Parisi le carte per ottenere questo risultato le ha, ma il centrodestra non ha certo risolto tutti i suoi problemi di tenuta.

Inoltre il mese di giugno e la bella stagione – dicono – non aiutano il centrodestra (il ponte del primo turno men che mai), ma il fatto che a Milano il centrodestra sia unito (e con una figura di leader nuova che può essere propedeutica e propulsiva per la creazione di una nuova alleanza liberal-popolare) e il peso politico (in senso antirenziano) del voto amministrativo sia chiaro e forte potrebbero controbilanciare questa tendenza.

Forse l’ideale – per Parisi – sarebbe (oltre a vincere al primo turno, scenario che ovviamente per lui sarebbe il prediletto) dimostrare domenica che la partita è aperta, arrivando alla pari o poco sotto o poco sopra Sala, in modo da galvanizzare gli elettori di centrodestra, ma senza farli sedere sugli allori di una vittoria facile che potrebbero far pensare a qualcuno: va beh, faccio il weekend fuori (al secondo turno), tanto Parisi vince lo stesso…

Per Beppe Sala il problema è innazitutto raccogliere e tenere tutti i voti dei suoi, attrarne qualcuno tra i consensi pentastellati del primo turno (a Milano il Movimento 5 Stelle è centrosinistro rispetto ad altre zone d’Italia) e arginare la fronda antirenziana al punto di evitare che al secondo turno diserti le urne o peggio voti l’avversario pur di dare un dispiacere al premier bocciando quello che viene percepito come il candidato del premier. Non semplicissimo.