Leggere Fenoglio ad Alba

Leggere Fenoglio ad Alba

Il volto di Beppe Fenoglio, guardatelo se vi capita, e’ un paesaggio di Langa, andateci anche se non vi capita. Una sua foto, e ieri sera ce n’erano di immagini sue al Teatro sociale di Alba, non e’ un ritratto ma un paesaggio. Le sue parole, anche una sola riga, contengono tutta la forza cruda e naturale della resistenza, senza nemmeno un briciolo di eroismo ostentato. Ci sono andato, a leggere quelle righe, anche io, e per una questione privata. E proprio quel romanzo si leggeva: “Una questione privata”. Scrittori, giornalisti, attori, amanti delle colline, del cibo lento, del vino unico. Leggevano a turno, meglio chiamarla “maratona fenogliana” che “reading” (orribile termine, ma non per colpa dell’inglese). Mi e’ venuto, ovviamente, di parlare di lui, nome di battaglia Annibale, grado di parentela: nonno. Mi e’ venuto di parlare di lui, anche un po’ commosso, perche’ i suoi ricordi – anche se non amava parlarne tanto – sono i romanzi di Fenoglio. In quei 23 giorni c’era anche lui. Diceva sempre che non c’entrava l’ideologia, era naturale battersi per la liberta’ perche’ il fascismo aveva tradito l’Italia e la monarchia si era comportata male, dunque era ovvio. Per lui che poi era carabiniere c’era molto di patriottico, di militare, nell’essere, come diceva, “sbandato”, nella resistenza. “Io sono diventato garibaldino perche’ nella mia zona c’erano i garibaldini, se fossi stato in un’altra zona forse sarei stato di un’altra brigata”. Quelli che leggevano, stasera al Teatro sociale pieno anche nei loggioni e nei palchetti, leggevano calmi, taciturni prima e dopo. Non sembrava qualcosa di sacro, sembrava qualcosa di caldo come gli gnocchi con la fontina. Il riassunto di tutte le vite e le vigne e le vie di cio’ che ci stava attorno. Mio nonno diceva di non ricordare Fenoglio ma di ricordare Giorgio Bocca. Pare perfino abbia rubato le armi “a quelli di Giustizia e liberta’, perche’ i cassoni a loro gli americani li gettavano dagli aerei, a noi no, perche’ avevano paura che fossimo comunisti rivoluzionari”. Diceva sempre che agli americani si doveva dire grazie, come ad Alcide De Gasperi, lui che Dc non ha mai votato, ma forse “dovevano lasciarci mangiare per più’ tempo pane nero, per far crescere più’ forte il paese, senza subito essere benestanti”. Mia nonna lo nascondeva e mandava messaggi e aiutava, con suo padre, come poteva. A una cosa mio nonno teneva molto, a farmi sapere che quando requisivano qualcosa a qualcuno, perche’ i partigiani dovevano pur mangiare, lasciavano un biglietto: dopo la liberazione sarete ripagati. E’ stata una serata giusta, quella di stasera, appresso a Fulvia e Milton. E’ stato il secondo funerale di Annibale, per me. Bello, vero. La penultima lettrice aveva grinta, la cosa che ha sempre voluto insegnarmi e che gli sarebbe piaciuta. Anche se ovviamente avrebbe borbottato: “Ma che ne sapete voi…”. Gia’.