La guerra delle valute sta assumendo dimensioni preoccupanti. La Federal Reserve, per bocca del suo presidente Ben Bernanke, annuncia altre misure straordinarie, in sostanza nuova immissione di liquidità, di moneta; del resto lo chiamavano “Helicopter Ben” non per nulla, ma perché aveva fatto capire che, in caso di crisi, avrebbe immesso liquidità a catinelle, magari perfino spargendola ovunque da un elicottero. Subito Pechino risponde alla mossa della Fed convocando una riunione d'urgenza del Fondo monetario internazionale a Shanghai. La politica ultraespansiva della banca centrale americana è tesa a indebolire il dollaro, rafforzare le esportazioni americane, contenere il debito futuro grazie ai tassi bassi e favorire la ripresa negli States (dieci anni di tassi bassi e crescita zero in Giappone non hanno insegnato nulla, evidentemente), e ha come effetti collaterali quello di rendere poco credibili le richieste di Washington, rivolte alla Cina, di rivalutare la valuta di Pechino e quello di infiammare la guerra delle valute. In più, quella liquidità non sembra andare in investimenti e posti di lavoro creati, visto il clima di sfiducia e la crisi, ma in Borsa e in strumenti finanziari, dunque in nuove bolle e bollicine, basta vedere i conti delle grandi banche internazionali per capirlo. La sensazione, in particolar modo per chi crede nella bontà delle analisi dei monetaristi alla John B. Taylor, è che la politica economica americana, soprattutto in clima elettorale, sia prigioniera di una scelta errata fatta all'inizio della crisi: curare il male con il male stesso, la liquidità. Dunque, il presidente Barack Obama e Bernanke corrono davvero il rischio di passare alla storia come la coppia che uccise il dollaro. La bolla immobiliare e l'esplosione finanzaria di prodotti ad alto rischio sono stati i frutti insani dell'eccesso di liquidità che ha drogato l'economia americana, peraltro garantendo quindici anni di continua crescita economica e a molti americani una casa e un welfare “finanziario”, almeno fino a quando la Fed non ha frenato sull'immissione di liquidità per controbilanciare la politica di tagli fiscali di Bush. Questa è un’analisi che convince non soltanto i monetaristi della scuola di Chicago. Ora, però, sbagliata la prima diagnosi e la prima cura (soldi, soldi, soldi), l'America fatica a uscire dal tunnel della droga monetaria e la situazione si aggrava di giorno in giorno, tanto che si torna a parlare di dazi, negli Stati Uniti e non solo, tanto che il Wall Street Journal di oggi titola: "Goodbye, Free Trade?". Dollaro sempre più debole, euro sempre più forte (male per le nostre aziende), ipotesi di dazi, Cina sempre più arrembante: il clima è plumbeo. Solo poche altre volte nella storia ci sono stati ingredienti simili, per esempio negli anni 30, e si sa come sono finiti gli anni 30. Speriamo in bene.
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