Mussari sulle quote rosa, i bonus e la patrimoniale (“Per la prima volta ho un’idea diversa da Giuliano Amato”)
Giuseppe Mussari, presidente del Monte dei Paschi di Siena e dell’Abi, intervistato da Dario Di Vico, editorialista del Corriere della sera, spiega perche’ l’Abi si oppone alla legge sulle quote rosa nei cda cosi’ com’e’: perche’ l’Abi suggerisce più’ gradualita’ per consentire agli azionisti di stabilire via via quel rapporto di fiducia indispensabile tra membro del cda e azionista. Insomma, per favorire la formazione nel tempo di una classe dirigente femminile in ogni azienda.
Mussari scherza, “siamo un po’ provinciali”, per spiegare perche’ le banche italiane non hanno commesso gli errori di una parte del mondo finanziario anglo-sassone e perche’ avevano ragione gli economisti dell’inizio del ‘900: la qualita’ delle banche non sta nella quantita’ di capitale ma nella solvibilita’ degli attivi.
Bonus? A titolo personale, Mussari dice che in Italia abbiamo giocato una partita ragionevole. Ci vuole un tetto – opinione personale – e una parte variabile ma sostenibile. Non puo’ essere l’Abi a dettare una linea perche’ e’ un argomento che tocca il cuore di ogni singola azienda.
Specificita’ italiana? Noi abbiamo mantenuto la nostra natura genetica. Il nostro merito e’ aver mantenuto la connotazione genetica delle banche. Oggi dobbiamo essere molto bravi a mantenere questo fattore genetico.
Per Mussari questo paese ha anche un problema di toni. Uno puo’ essere contrario a qualcosa ma “una sbalorditiva nefandezza” e’ una frase dal tono sbagliato. Si riferisce a una critica rivolta alla norma sull’anatocismo e sulla prescrizione (decennale) da ogni singola operazione bancaria contenuta nel milleproroghe. Questo e’ il clima che deve cambiare, ma non solo per le banche.
Patrimoniale? “Per la prima volta nella mia vita ho un’opinione diversa da Giuliano Amato”. E’ un ripiegare che rischia di lasciare intatte le condizioni che hanno determinato quel debito pubblico. “Non ci vedo una spinta propulsiva”.
Problema? Il nostro livello di produttivita’ e’ oggettivamente inferiore a quello degli altri. Motto: lavorare di più’ e lavorare meglio. Se no il conto lo paga chi oggi ha tra i 18 e i 30 anni.