Elezioni e guerra. C’è un caso in più

Democrazia e guerra, o meglio: elezioni e guerra. Questi sono temi buoni per saggi da mille e più pagine. Il rapporto tra consenso e uso della forza è l'enigma della politica internazionale degli ultimi, diciamo almeno, due secoli. Perché Winston Churchill vince la guerra mondiale ma perde le elezioni? Perché da una sconfitta militare Gamal Abdel Nasser costruisce la sua fortuna politica? Perché la paura di Al Qaida fa rieleggere George W. Bush in America ma non fa rieleggere i popolari spagnoli a Madrid? Così ora si sprecano le analisi sul legame naturale tra le elezioni presidenziali francesi dell'anno prossimo, o addirittura le cantonali di questi giorni,  e il super attivismo di Nicolas Sarkozy, o la non partecipazione della Germania alle operazioni in Libia, decisa dal governo Merkel, e le amministrative. C'è un caso in più. Amr Moussa, segretario di quella Lega araba che ora mostra più che dubbi sull'intervento per fermare le forze del colonnello Muhammar Gheddafi, è candidato alla presidenza dell'Egitto. Ed è pure ben lanciato. Democrazia e guerra, o meglio: elezioni e guerra. Vedremo