Ma perche’ e’ cosi’ difficile, per la politica, privatizzare? La cosa e’ sospetta, soprattutto quando al governo c’e’ una maggioranza di centrodestra. Nel senso che, in tempi di crisi, privatizzare, vendere cio’ che non serve ma che si ha e magari nemmeno si gestisce al meglio, dovrebbe essere la via più’ veloce, semplice e anche politicamente spendibile per raccogliere risorse. Eppure da noi non e’ cosi’. Il sospetto e’ che le resistenze nascano, a livello nazionale come locale, da quel nostrano e problematico intreccio tra politica ed economia, la parapolitica dell’aziende pubbliche o a forte partecipazione pubblica. Insomma, nomine, centri di spesa, nuclei di potere.
Le privatizzazioni era uno dei 9 impegni per la crescita previsti dal Manifesto del Sole 24 Ore. E sulla privatizzazioni da tempo conduce una sana battaglia l’Istituto Bruno Leoni.
Ecco il comunicato di oggi dell’IBL: Per l’Istituto Bruno Leoni le dismissioni annunciate dal governo, per un gettito atteso di 15 miliardi di euro in tre anni, sono “assolutamente insufficienti”. Dice Alberto Mingardi, direttore generale dell’IBL: “L’esecutivo sembra intenzionato a cedere solo una porzione minima di patrimonio immobiliare pubblico, facilmente cedibile e quindi a maggior pregio. Questa iniziativa è discutibile perché, attuata in questi termini e in assenza di un più ampio piano di alienazioni, rende nella sostanza più complessa la vendita della restante parte. Inoltre, è del tutto incomprensibile la pretesa del governo di mantenere il controllo delle imprese pubbliche, con effetti anticompetitivi e anticrescita”. Sulle privatizzazioni, l’IBL ha pubblicato il Policy Paper “Uscire dalla crisi. Un’agenda di privatizzazioni” (PDF ).