Ha mostrato più coraggio Mario Draghi in poche ore che i leader europei in molti degli ultimi summit di uno o più giorni. Il nuovo presidente della Banca centrale europea, infatti, ha scelto di non passare il suo primo appuntamento ufficiale alla guida della politica monetaria europea tra un evento del cerimoniale e l'altro, e ha tagliato i tassi.
Festeggiano i mercati, festeggiano i sostenitori di una politica aggressiva – più moneta – dal punto di vista della valuta, per aiutare la crescita e le aziende. Almeno si spera. Giusta o sbagliata che sia – e per ora i mercati gli hanno dato ragione – la scelta di Draghi, spiegata peraltro in un perfetto inglese, è sicuramente coraggiosa.
Come a suo modo coraggioso è stato il comportamento, anche tatticamente accorto, sebbene ai mercati abbia fatto pagare un caro prezzo negli ultimi giorni (per non parlare degli spread), del primo ministro greco George Papandreou: con la minaccia di un referendum ha praticamente costretto l'opposizione a prendere o lasciare il piano di salvataggio europeo e magari anche un governo di emergenza più solido in Parlamento e dunque più capace di portare avanti i provvedimenti richiesti da Bruxelles.
Il primo ministro italiano, come ha scritto Guido Gentili sul Sole 24 Ore di oggi, si presentava al summit con le mani (quasi) vuote. Ma ha comunque ottenuto una qualche apertura di credito. Come dicono alcuni tg, Nicolas Sarkozy e Angela Merkel "non hanno infierito".
Certo, tutt'altra cosa sarebbe stata una presenza italiana al G20 più compatta nei rapporti tra i protagonisti, Silvio Berlusconi e il suo ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e magari con la possibilità di mettere sul tavolo dei grandi un decreto firmato con le misure richieste dalla Bce e/o previste dalla lettera all'Ue. Lo scenario politico italiano, comunque, non cambia rispetto a ieri. Come non cambiano, nonostante la boccata di ossigeno di oggi, i rischi che corre il nostro Paese sui mercati e il governo in Parlamento.
Quello però che non dovrebbe passare in secondo piano, mentre si parla tanto di Grecia e Italia, è però il G20 in sé. E l'Europa in particolare. Che non finiscano a mani (quasi) vuote. Insomma, i mercati si aspettano anche e soprattutto dalle principali cancellerie europee segnali chiari in una direzione tesa a favorire la crescita economica, la stabilità delle Borse e delle valute, oltre alla cooperazione sui temi internazionali più delicati e urgenti, come la minaccia di un'Iran nucleare e la primavera siriana dimenticata per l'impossibilità di trovare una via d'uscita allo stallo repressivo imposto dal rais Bashar el Assad.
Certo l'Italia deve fare di più e dipende da noi il nostro futuro economico. D'accordo, la Grecia deve tornare nei ranghi e decidere. Si può perfino accettare che l'Europa sia, come nei fatti è, guidata da un motore franco-tedesco. Però alla fine ciò che conta è la capacità dei venti grandi di decidere e agire, di trovare accordi. Per far sì che questi summit affollati non siano soltanto photo opportunity.
Ps. Per ora, con un po' di malizia, si può dire che francesi e tedeschi hanno sempre trovato intese quando si è trattato di tutelare i loro comuni interessi, come nel caso dell'esposizione greca delle loro banche e come in materia di regole per gli istituti di credito, quelle che come ha spiegato Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo, favoriscono loro a scapito delle banche italiane, che pure meno pasticci di altre hanno fatto in passato.