Pier Luigi Bersani, segretario del Partito democratico, è un leader politico esperto e accorto. Oggi proverà a non fare con Marco Pannella lo stesso errore che Silvio Berlusconi ha fatto con Gianfranco Fini.
Questa mattina, infatti, accadrà quel che non è accaduto per quasi due anni: ci sarà un incontro tra i vertici del Pd e una delegazione radicale. La paura di sorprese da parte dei pannelliani ha indotto Bersani a intavolare un dialogo. Certo, le premesse non sono delle migliori: la presidente dell'Assemblea del Pd, Rosy Bindi, di recente ha dato di "stro…" ai radicali. Pannella è stato contestato alla manifestazione di Roma degli indignados e ha raccolto poco in termini di solidarietà e ascolto. In rete, nonostante l'infondatezza della notizia, è passata l'idea che al recente voto di fiducia alla Camera i radicali abbiano fatto saltare la tattica dell'assenza del numero legale o, peggio, abbiano votato sì alla fiducia. Tutte cose non vere spacciate per vere dal web. Con tanto di ovvie proteste e scomuniche.
Al recente congresso dei Radicali a Chianciano quasi soltanto l'onorevole Roberto Giachetti, che peraltro aveva spiegato come la scelta di partecipare al voto fosse stata irrilevante alla Camera, ha provato a ricucire, non risparmiando anche critiche agli stessi radicali. I Radicali chiedono da tempo attenzione su un tema fondamentale, che dovrebbe essere caro a una forza politica di sinistra come il Pd: la situazione pericolosa e intollerabile delle carceri italiane. Ma finora ha trovato più ascolto al Quirinale che a Largo del Nazareno, sede del Pd.
Sarebbe utile – doveva capirlo Berlusconi con Fini, dovrebbe capirlo Bersani con Pannella – che i partiti e le coalizioni iniziassero a pensare al dissenso, al dibattito interno, a chi è portatore di idee nuove o diverse o più avanzate (vale anche per Matteo Renzi nel Pd) non come un problema da risolvere ma come una risorsa da valorizzare. Bella cosa, non solo per i partiti.