Intitoliamo un giorno le nostre piazze a Piazza Tahrir, sindaci pensateci

La seconda rivoluzione dei ragazzi di piazza Tahrir deve davvero farci pensare, deve far pensare noi, imbolsito mondo occidentale, alle prese con Ici, Imu e patrimoniale in cambio di meno cuneo, ma più età pensionabile. Deve farci pensare perché, certo, è un rischio l'islamismo, certo la piazza non ha una sorvegliata cornice politica, certo però in fondo economicamente si stava meglio quando si stava peggio, ma alla fine della fiera l'anelito alla libertà, al diritto, non è fazioso, non è di parte.

Il problema non era Mubarak, dicono i ragazzi e no in piazza, quelli che vengono trascinati per i capelli nelle stanche immagini dei nostri tg tra uno spread che sale nonostante tutto e un servizio sul gelato al pesce, o meglio: il problema non era soltanto Mubarak.

Il problema è la legalità, il diritto, lo stato di diritto che poi vuol dire la democrazia subito e le libertà individuali sempre. D'accordo, staremo geopoliticamente attenti a che la prorompente forza dei Fratelli musulmani non si nasconda dietro il desiderio di vivere liberi di quei ragazzi, di quei morti sulle strade e sulle piazze di un paese a poche ore di volo da noi, ma intanto, diciamolo ogni tanto, onore e ricordo e attenzione per quei ragazzi e no che non si accontentano di aver cacciato il desposta finché non avranno cancellato il dispotismo. Intitoliamo per un giorno le nostre piazze a Piazza Tahrir. Sindaci, pensateci.

Ecco la perfetta analisi della situazione, speriamo troppo pessimista nel finale, di Ugo Tramballi sul suo blog, Slow News:http://ugotramballi.blog.ilsole24ore.com/slow-news/2011/11/egitto-dove-finiscono-le-rivoluzioni.html.