«Solo la Gran Bretagna è contraria al nuovo Trattato, ma ho parlato con Cameron e mi ha assicurato che anche Londra vuole un euro stabile», dice Angela Merkel, cancelliere tedesco.
Ora partirà il tiro alla perfida Albione: gli ha stretto o no la mano, Sarkozy? La Manica intanto si allarga, la Gran Betagna è isolata, pur di difendere la finanza si chiamano fuori dall'Europa. C'è del vero in tutti questi luoghi comuni, ma anche per il gusto del bastiancontrarismo non vale la pena riflettere sulle ragioni di Londra? Non vale la pena chiedersi se sia un bene oppure un male che la Gran Bretagna si allontani dall'Europa?
Mettiamoci nei panni di un elettore inglese e dunque, per la regola della rappresentanza, nei panni del premier britannico. Un elettore inglese, sorseggiando il tè delle cinque, visto che anche di luoghi comuni stiamo parlando, vede che il presidente francese Nicolas Sarkozy riceve a Parigi il cancelliere tedesco Angela Merkel. I due si mettono più o meno d'accordo su che cosa fare al prossimo vertice europeo, quello appunto di ieri e oggi. Tutta la stampa (o quasi) racconta che Berlino ha ottenuto (quasi) tutto e concesso (quasi) nulla.
L'elettore inglese, ovviamente, s'insospettisce un po': sarà mica che finisco sotto il comando tedesco con contorno francese? Il suo primo ministro – peraltro lo stesso che ha un asse ben collaudato con Sarkozy sulla Difesa – s'insospettisce di conseguenza.
Intanto perfino in Francia il dibattito si accalora, con punte di vera e propria germanofobia, proprio sul tema: Berlino non ha concesso nulla sul fronte degli eurobond e del "bazooka" da dare in mano alla Bce, mentre si è presa l'Unione fiscale comune, ma intesa come sanzione automatica per chi sgarra rispetto alle regole di bilancio. Ma quali regole di bilancio? Le stesse violate da Germania e Francia, quando faceva loro comodo, per uscire dalla crisi. Dunque è bello fare l'austerity con il portafoglio degli altri?
In più – pensa sempre l'elettore inglese – adesso se la prenderanno soprattutto con la perfida finanza, cioè sul settore su cui la City, da anni, si gioca il suo futuro economico e finanziario. Quindi, sintetizza Mr Smith: decide Berlino, Parigi acconsente e Londra subisce? Ma in più, pensa sempre l'elettore britannico, se noi non siamo neanche nell'euro perché dovremmo accettare l'eurogoverno?
Poi si chiede, sempre l'elettore britannico, se per caso ciò vuole dire che almeno la Banca centrale europea diventa come tutte le altre bance centrali, prestatrice di ultima istanza. Ehm, non proprio. Ma se le regole di bilancio tedesche (leggi austerity) diventano legge comune, allora vuol dire che anche i debiti, più o meno, diventano comuni (leggi eurobond e Bce che stampa moneta)? Non ora. Ma allora se il governo europeo diventa più forte, grazie alle cessioni di sovranità sui bilanci da parte di 26 Stati, lo stesso governo diventa più rappresentativo? Cioè, arriva un po' di democrazia comunitaria in più? Beh, vediamo, per intanto decidono i governi, innanzitutto i governi degli stati e delle economie più forti.
Ma gli elettori europei inizieranno a votare da europei per un governo europeo? Beh, non proprio, continueranno però a votare per il Parlamento (consultivo) di Bruxelles e Strasburgo. E continueranno a votare per Parlamenti e governi che nel frattempo avranno però ceduto un po' di sovranità a Bruxelles (e Berlino con contorno francese). Ah, ecco.
Però almeno i trattati presenti e futuri saranno sottoposti a referendum, ovviamente? Sei matto e se poi gli elettori li bocciano?! Ah, già.
Ps. La vera domanda da porsi oggi potrebbe anche essere un'altra: l'Europa è più forte con Londra dentro o con Londra fuori? La risposta di Mario Monti è: "Avrei preferito una impostazione totalmente comunitaria con una modifica di trattato che fosse a 27 Paesi".
Ps II. Ovviamente l'Europa che sognava Altieri Spinelli preoccuperebbe molto Londra. Ma questa è un'altra storia. Oggi la perfida Albione, non foss'altro perché dipinta come "isolata", va capita e non sbertucciata.