Davvero curioso il ticket presidenziale che si propone di (ri)vincere le elezioni americane nel 2012. Ovviamente si tratta di quello composto dal presidente Barack Obama, il presidente più (para)cool della storia degli Stati Uniti, e da Warren Buffett, l'oracolo di Omaha.
Perché è un ticket? Perché Obama invita la segretaria di Buffett, quella che lo stesso miliardario lamenta pagare aliquote fiscali più basse delle sue, al discorso sullo Stato dell'Unione. Perché Buffett finisce sulla copertina di Time per dire: ehi, America, non fare scherza e rivota Obama, per far pagare più tasse ai ricchi, cioè anche a lui.
I due formano davvero una strana coppia e potrebbero ovviamente insospettire tutti: sono il simbolo di quell'intreccio tra Casa Bianca e Wall Street che tanto non piace agli americani. Però ci sono dei però. Obama, anche quando canticchia in pubblico, sa usare le parole giuste – meno tasse sui ceti medi – e fare i giusti gesti simbolici, la segretaria invitata, il batti un cinque con l'uomo delle pulizie al Congresso e ovviamente in favore di telecamera. Ma anche Buffett è un personaggio a suo modo azzeccato: beve made in America, compra aziende di main street come le ferrovie, vuole pagare più tasse e aiuta e usa la finanza senza farne mai del tutto parte. Insomma, l'apparenza funziona, la realtà si vedrà.
Il tutto mentre il fronte repubblicano gioca e litiga a ricco e più ricco, finanziere e più finanziere, anticapitalista e più anticapitalista.
Quello che indispettisce gli americani non è tanto il capitalismo in sé, ovviamente, come non lo sono le politiche liberiste, quanto l'intreccio tra politica e finanza che finisce per aiutare le grandi banche più che le imprese e le famiglie (da qui gran parte del successo di Ron Paul). Questo, soprattutto sul fronte repubblicano, dovrebbero ricordarselo meglio.