Nel momento di maggior difficoltà, Pier Luigi Bersani gioca bene le sue carte al tavolo della politica al tempo di un governo tecnico. Il giorno dopo l'annuncio della riforma del mercato del lavoro Bersani è andato in televisione da Bruno Vespa per dire: bene la riforma, ma male il superamento dell'articolo 18.
Certo, intanto dal fronte della Cgil era già partito il movimento del "no", ma Bersani, seppur di fronte a un partito, il suo, diviso fin dai primi commenti su Twitter, è riuscito a presentare una posizione chiara: la riforma del mercato del lavoro deve venire in Parlamento perché deve essere corretta nelle parti che riguardano la flessibilità in uscita.
La posizione di Bersani, dunque, era l'opposto della frase di Monti, che in conferenza stampa aveva detto: la questione dell'articolo 18 è chiusa. Non appena la politica, per bocca del leader del Pd, ha battuto un colpo di segno opposto – la questione non è chiusa – anche tra i sindacati che avevano invece accettato "l'intesa del verbale" si è aperta qualche faglia, sono giunti i primi dubbi. Ah, bene, se si può ancora trattare trattiamo: così infatti si poteva sintetizzare l'intervento, sempre da Vespa, del segretario della Cisl, Raffaele Bonanni.
Oggi, con la decisione del governo a favore del disegno di legge, si ha la conferma che il Parlamento sarà il luogo dove le varie questioni della riforma del lavoro saranno riaperte, intanto però i tempi si allungano e le elezioni amministrative possono essere agilmente scavallate. Con sollievo soprattutto per il Partito democratico, che può già appuntare a proprio merito la piena via parlamentare per la riforma. E poi, chissà, dopo il voto amministrativo quante cose potrebbero cambiare…