Come previsto, François Hollande, socialista, non ha ancora vinto le elezioni francesi, mentre Nicolas Sarkozy, neogollista, non le ha ancora perse.
Certo, Hollande parte in vantaggio nella gara verso il secondo turno, ma stasera, visti i sondaggi in parte smentiti, almeno nelle dimensioni del distacco, chi sorride di più è il presidente Sarkozy: era dato per spacciato e invece può giocarsela eccome.
Fa notizia il risultato di Marine Le Pen, attorno, anche se un po' sotto, al 20 per cento dei consensi. Qui, oltre alla bravura mediatica di Marine Le Pen, incide la paura della crisi che da sempre ingrossa le file populiste più di quelle moderate, vedi François Bayrou che sta sotto il 10 per cento. E vedi anche una forte affluenza alle urne, altroché disaffezione rispetto alla politica: quando la casa brucia, l'elettore vuole almeno decidere in prima persona chi mettere di guardia all'abitazione contro l'arrivo degli sciacalli.
Il problema ora per Sarkozy è trovare un linguaggio per convincere contemporaneamente due tipi di elettorati opposti – quello di Le Pen e quello di Bayrou – a votare per lui al secondo turno. Non sarà facile, ma dalle prime dichiarazioni del presidente sembra che il candidato neogollista punti soprattutto all'elettorato della destra. (C'è chi dice che Sarkozy offrirà il ruolo di premier a Bayrou, ma c'è da dubitarne: allontanerebbe gli elettori di Le Pen in vista del ballottaggio e in più l'attuale inquilino di Matignon, François Fillon, è un punto di forza e non di debolezza del movimento neogollista, a prescinderre dai rapporti personali con alti e bassi tra presidente e primo ministro).
Il problema, invece, per Hollande è quello di trovare consensi oltre la sinistra. Dato per scontato il sostegno al candidato socialista del 10 per cento di Melenchon, a Hollande manca comunque una bella fetta di elettori per superare il 50 per cento dei consensi.
L'esito del primo turno dimostra comunque che la Francia è un paese che guarda soprattutto a destra e che, crisi o non crisi, fatica a fidarsi delle ricette socialiste, modulate in questa fase con eccessi di anti finanza e anti accumulazione capitalistica, eccessi che fanno sembrare le stesse ricette irrealistiche. (C'è da scommettere che, se eletto, Hollande dovrà rivedere, cioè correggere, alcuni dei suoi annunci più enfatici, sia in termini di fisco sia in termini di rapporto con l'Europa e con Berlino in particolare).
Peraltro, la constatazione ancora una volta confermata che la Francia è un paese che guarda soprattutto a destra rende, una volta di più e ad anni di distanza, onore alla grandezza di François Mitterrand che riuscì a farsi eleggere per ben due volte all'Eliseo.
Se con tutto quello che è successo con e per Sarkozy, con tutto quello che aveva promesso e non ha mantenuto il presidente in carica e con tutto quello che ha offerto Hollande, la partita è ancora aperta, vuol dire che in tempo di crisi gli elettorati sono molto più attenti e riflessivi di quanto non pensi la classe politica (con contorno di sondaggi che si fanno prendere la mano dagli umori contingenti più che dai pensieri strategici).
La lezione per ora è francese, ma ovviamente ha un sapore anche italiano, in vista del 2013.
Ps. La mossa di Sarkozy di proporre tre dibattiti televisivi è ovvia, altrettanto ovvia è la ritrosia del (favorito) socialista Hollande, che preferisce rischiare di essere fatto nero in tv soltanto una volta dal rivale. Ma rifiutare dibattiti è sempre segno di debolezza e la Francia non ha mai voluto presidenti deboli, almeno finora e almeno in apparenza.