Maroni farà della Lega una specie di Csu

L'ex ministro dell'Interno, Roberto Maroni, segretario in pectore della Lega nord, sa che deve rifondare il movimento creato da Umberto Bossi.

Basta guardare alcune fotografie pubblicate oggi sui giornali per capire che c'è qualcosa che proprio non va, non va più. Nelle immagini infatti si vede lo stesso Maroni, solo, che in conferenza stampa commenta ammettendola la sconfitta alle amministrative e davanti c'è un Alberto da Giussano e dietro c'è il simbolo ripetuto del partito, quello con (ancora) la scritta "Bossi".

Che cosa può fare Maroni? Primo, dichiarare, come ha fatto ieri, chiusa la traversata nel deserto degli scandali e della successione al senatur. Secondo, creare una nuova classe dirigente a lui fedele: nella Lega gli esponenti di peso non mancano affatto e il serbatoio delle amministrazioni locali, sebbene un po' svuotato, è ancora abbastanza florido. Terzo, ben calibrare il patto di governo del movimento con Luca Zaia, presidente e soprattutto rappresentante del Veneto. Quarto, riaprire il dialogo con quel che resta o con quel che sarà il Popolo della libertà, il centrodestra. Non c'è altro spazio e la corsa solitaria, ammesso che ne esistano le condizioni, si addice a leader profeti e testimoni come Bossi più che a esponenti pragmatici come Maroni.

Già ieri Maroni ha detto ad Angelino Alfano, con cui ha un buon rapporto, che "se il Pdl nel prossimo futuro toglierà l'appoggio a Monti e ammetterà di aver sbagliato si può tornare a discutere". E' l'inizio.

Maroni sa e può fare questo: trasformare la Lega in un partito del nord più tradizionale e più rassicurante e più pragmatico, sul modello della Csu bavarese. La nuova Lega, dunque, sarà un movimento meno di cuore e di piazza e di urla e più di testa e di governo e di proposte, sebbene comunque all'opposizione del governo Monti.

Del resto, soltanto così Maroni può sperare di raccogliere almeno una parte del voto in uscita dal Pdl al nord, quello che non digerisce l'esecutivo tecnico.

La carta del voto di protesta, almeno per il momento, è certamente appannaggio di altre forze politiche, vecchie e nuove, ed è poco credibile una battaglia anti casta invocata nelle parole di leader che hanno passato gran parte dell'ultimo decennio al governo, a Roma come in molte Regioni, soprattutto dopo le ultime polemiche nate dalle inchieste sull'utilizzo dei rimborsi elettorali e su The Family.

Il problema per Maroni è che per dialogare con il centrodestra bisogna capire che cos'è e soprattutto che cosa sarà il centrodestra. Lo ha detto ieri l'ex ministro: c'è da vedere "che cosa succede nel Pdl, con Alfano che ha annunciato intenzioni rivoluzionarie dopo questo voto e sono qui che aspetto". E' l'inizio.