“I did an awful, awful lot that was wrong,” he said. “I am responsible. I don’t have to go any further than the mirror. It’s me and me alone.”
But he was not guilty of using campaign funds to hide those sins, he said.
via www.nytimes.com
Alcuni anni fa, nel 2004, quando l'allora senatore John Edwards iniziò la sua prima campagna per essere il candidato democratico alla Casa Bianca, la sua storia mi colpì, la sua politica pure.
Nato da famiglia povera, diventato avvocato milionario sui temi della malasanità, eletto senatore, rispettato, amato nei sondaggi, di bell'aspetto e soprattutto capace di cogliere gli umori politici del momento. Una famiglia americana, una moglie sempre vicina, poi un dramma familiare, con un figlio morto in un incidente stradale, poi la malattia della signora Edwards, il cancro.
Incentrò la sua campagna, la prima, quella che lo portò poi a essere il candidato alla vicepresidenza di John Kerry, sull'America di mezzo, sul ceto medio che iniziava a soffrire molto. Spostò l'attenzione dei suoi slogan sulla Poor America, l'America che si impoveriva sempre di più, nella sua seconda campagna elettorale alle primarie democratiche, quella contro Barack Obama e Hillary Clinton.
Ma proprio questa sua seconda campagna elettorale fu l'inizio della fine del mito sofferente ma in fondo positivo di un senatore americano. La relazione fuori dal matrimonio, le bugie, la moglie che si ammala sempre più (morirà alla fine del 2010, dopo aver scoperto la relazione del marito e la sua partenità extramatrimoniale). Poi l'inchiesta, l'accusa di aver usato fondi elettorali per occultare la relazione e la paternità extramatrimoniale, il processo. Tutto molto complicato. Anche l'assoluzione, ieri, per un capo di imputazione e il verdetto non raggiunto sugli altri cinque. Ecco, anche questa sentenza non sentenza è la metafora di una storia profondamente e drammaticamente terrena. Una storia struggente, anche se certamente non c'è alcun formidabile genio in questa vicenda, ma la vicenda resta enorme.