«Noi e il resto d'Europa ci stiamo avvicinando alla fine del tunnel» della crisi. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Mario Monti, intervenendo a Radio Anch'io, prima di partire per il suo tour europeo: Francia, Finlandia, Spagna.
Queste dichiarazioni non sono soltanto il frutto delle analisi e delle speranze di un professore, di un'economista alla guida del paese, ma sono anche la sintesi di alcune elaborazioni matematiche e analitiche che di questi tempi girano nelle banche d'affari, tra la fine dell'anno e l'inizio del prossimo, diciamo attorno a marzo 2013, qualcosa in positivo può davvero cambiare nelle economie occidentali.
Dunque, segnali incoraggianti si potrebbere vedere sui mercati anche da prima. Salvo ovviamente che non ci siano sorprese negative o passi falsi sulla via delle riforme o indebolimenti del piano d'azione europeo.
Certo è che ci sono ancora certamente mesi di sofferenze e sacrifici, mesi sotto la stretta osservazione dei mercati. E comunque le economie europee come le abbiamo viste fino alla crisi iniziata nel 2008 non torneranno più: non tornerà più la politica del debito, la globalizzazione sarà sempre più un realtà, innovazione e flessibilità saranno ingredienti sempre e comunque indispensabili per competere con le economie emergenti e sui nuovi mercati.
E la politica? Ha innanzitutto un dovere: mostrare senso di responsabilità – «evitare la rissa permanente»: è il consiglio sentito di Monti alle forze politiche – e non dare l'idea di voler tornare prima possibile ai vizi del passato.
Paradossalmente, se i partiti passano il tempo in una (purtroppo ipocrita) trattativa sulla legge elettorale è un bene, se contemporaneamente le riforme, come la spending review, vanno avanti spedite. Del resto, questa fin dall'inizio poteva essere la suddivisione dei compiti tra governo e Parlamento (partiti): all'esecutivo la cura Salva e Cresci Italia, al Parlamento il compito di fare quel minimo di riforme istituzionali indispensabili. Non è andata e non sta andando così. Peccato.
Alla domanda se si candida, infine, Monti risponde: «Mi candido? Sto diminuendo coscientemente la mia sensibilità uditiva a questa domanda…». E comunque il problema non è se si candida lui, peraltro essendo senatore a vita non è nemmeno in discussione il tema. Il problema è se continuerà a svolgere il ruolo di guida del governo anche dopo le elezioni, che siano in autunno o in primavera da questo punto di vista poco cambia.
Per questi motivi, si moltiplicano le voci di Liste Monti in lavorazione. La leader radicale Emma Bonino ha smentito di essere all'opera su un simile scenario, ma effettivamente – vista da sinistra – il suo identikit, assieme a quello di Matteo Renzi, coincide con il tipo di esponente politico necessario per un'operazione del genere. C'è da scommettere che le voci su questo argomento continueranno.