Dice Angelino Alfano a Uno Mattina (che ormai sta diventando il luogo della trattativa politica estiva via dichiarazione, vedi ieri Casini sul Polo Monti): "Crediamo che le condizioni per un'alleanza con la Lega Nord ci siano". Risponde a stretto giro Matteo Salvini, leader lombardo della Lega: "Non ci sono le condizioni per un'allenza con il Pdl". Il più sincero e preciso di tutti, in questo caso, sembra pero l'ex ministro e democristiano doc, Gianfranco Rotondi, quando dice: "L'accordo con la Lega è e deve essere nelle cose".
La frase di Rotondi, infatti, fa capire che per un patto tra Pdl e Lega forse non ci sono le condizioni ora, subito, visto che il Pdl appoggia il governo Monti e la Lega lo osteggia fortemente, ma è, anzi, sarà nelle cose in futuro.
Tutto il nord, o quasi, del resto, è governato da giunte Lega/Pdl, con leghisti che addirittura guidano due Regioni importanti come Piemonte e Veneto. Tra Alfano e il neosegretario della Lega Nord, Roberto Maroni, da tempo i buoni rapporti sono rodati, pronti all'essere di nuovo operativi alla bisogna.
Certo, ci sono due gravi ostacoli sulla via della riconciliazione tra Pdl e Lega. Il primo è, appunto, il governo Monti. Ma il governo Monti finirà quando si andrà al voto e dunque si potrà in qualche modo dire che, archiviata la stagione dell'emergenza e dell'esecutivo dei tecnici, Pdl e Lega sono liberi di tornare ad andare d'accordo. In fondo questa è anche la spiegazione del perché Pd e Sel, più o meno nelle stesse condizioni di Pdl e Lega, hanno già detto che comunque, nonostante le divisioni su Monti, si presenteranno alleati alle urne.
Il secondo ostacolo è Silvio Berlusconi. Dice Salvini: "Non conosco nessuno contento del suo ritorno". Ma è davvero tornato? E, soprattutto, è tornato per essere davvero candidato premier? Non si è mai visto così poco Berlusconi come da quando è (ri)disceso in campo. L'aria di (ri)discisa tattica e un po' finta si respira vieppiù. Non c'è dubbio che il Cav., da gran pragmatico quale sa essere, potrebbe certamente riusare la sua nuova ritirata al ruolo di padre nobile del centrodestra qualora ne vedesse una qualche immediata utilità come merce di scambio politico.
Certo, non c'è più lo slancio di un tempo, non c'è più il sodalizio dei capi, cioè quello tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, forse non c'è più nemmeno la convenienza elettorale, ma insomma è "nelle cose", non c'è, per i due partiti, una vera alternativa. Almeno per ora, in futuro una nuova alleanza tra Pdl e Lega è "nelle cose".