Nei corridoi della politica romana, quando si deve parlare di un possibile leader, si usa spesso la categoria della "cattiveria" per prevedere o no un futuro da capo per un determinato esponente politico. "Si', puo' diventare un leader, ha la cattiveria giusta…". "No, non ce la puo' fare, non e' abbastanza cattivo…".
Ecco, per esempio, Roberto Maroni e' abbastanza "cattivo" per diventare leader e per esercitare la sua leadership. E lo sta dimostrando eccome.
Negli stessi corridoi romani di cui sopra la capacita' con cui Maroni ha sfruttato il momento e ottenuto la guida della Lega nord senza tentennamenti e senza timori viene portata a esempio di come si diventa o si dovrebbe diventare capi in un partito politico italiano. I paragoni con simili, falliti tentativi si sprecano e sono impietosi (per gli altri casi). Ogni riferimento al Pdl e' puramente non casuale.
Nella Lega, in fondo, e' successo qualcosa di assolutamente naturale: un piu' giovane e capace esponente di partito con una lunga esperienza di governo si e' candidato a essere l'alternativa al capo indebolito e provato e anziano. Ha vinto. Ora comanda. Naturale anche la cancellazione degli slogan di prima – da Padania a "Prima il nord" -, ovvia la rimozione di qualche fotografia di prima, scontato l'avvento di una nuova classe dirigente, banale ma anche questo prevedibile l'utilizzo prima di tutto della questione morale per poi passare alla rivisitazione della linea politica: verso la Lega come Csu italiana, con sullo sfondo invece dell'epica secessione la pragmatica macroregione del nord. Tutto secondo natura della battaglia politica, perfino il mutamento geografico dei comizi e degli eventi agostani.
Pero' la cronaca non puo' dimenticare la storia, pena la perdita di possibilita' in futuro. Non sarebbe tanto ingiusto, per la Lega, cancellare Umberto Bossi, sarebbe soprattutto sbagliato. La nuova leadership della Lega deve riconoscere i propri limiti e i limiti della leadership maroniana sono quelli della "pancia": il movimento nordista ha nel proprio dna anche un di piu' di passione, a volte sguaiata, di simbolismo, di folclore, di sigari smozzicati, di parole iperboliche, di retorica battagliera, tutte cose che, sebbene stanco e indebolito e sconfitto, Umberto Bossi incarna e forse sa ancora usare e dosare. Dunque, perche' privarsene? Non e' questione di riconoscenza – anche soltanto parlarne in politica fa sorridere – ma e' questione di furbizia e strategia politica. Cancellare, umiliare, isolare, svillaneggiare Bossi e la sua storia rischia di indispettire molti leghisti e/o potenziali leghisti non solo perche' il tutto sembrerebbe frutto di opportunismo, come ha spiegato Aldo Cazzullo sul Corriere della sera di oggi: dove eravate fino a ieri voi antibossiani di oggi?, ma soprattutto perche' un partito con poca pancia o poco cuore non puo' ambire a successi elettorali notevoli. Nel caso della Lega questo discorso vale doppio.
Ecco, l'errore che il buon "cattivo" Maroni deve evitare nella sua fase due e' comandare infierendo e perdendo parte della storia, della pancia e del cuore matto della Lega nord.