Uno dei politici piu’ accorti e scaltri del Partito democratico, per meriti suoi e per scuola Dc, cioe’ Dario Franceschini (peraltro la barba gli dona, ma qui sono decisamente di parte), ieri ha dato a Repubblica un’intervista illuminante per molti aspetti della contesa tra Matteo Renzi e i big del Pd, soprannominati per scherzare su twitter #ipollidirenzi, visto che continuando a litigare e ad attaccarlo in questo modo ingrossano le file del consenso per il sindaco di Firenze.
Perche’ illuminante? Perche’ Franceschini non casca nell’errore della demonizzazione, anzi, spiega che una vera competizione alle primarie con un vero leader emergente che sfida l’ortodossia neoprogressista e la consolidata classe dirigente e’ un arricchimento per il Pd e non un problema. Giusto.
In piu’ Franceschini dice che le primarie non devono essere usate per delle prove di forza e/o per la ricerca di nuovi equilibri nel Pd, per decidere la nuova leadership del partito ci sara’ tempo dopo. E Franceschini signorilmente si sfila – “l’ho gia’ fatto” – e spiega a tutti il messaggio: ehi, ragazzi, usiamo le primarie per scegliere il candidato alla guida della coalizione, la premiership pare ormai certo che si decidera’ nelle alchimie postelettorali, in cambio la guida del Partito andra’ a una generazione piu’ giovane. Il messaggio chiarissimo e’ diretto alle truppe del renzismo e a quelle dei cosiddetti “giovani turchi”, neoprogressisti ortodossi ma favorevoli a un forte ricambio generazionale: ehi, ragazzi, non fate baldoria ora che sono in ballo cose serie come la guida della coalizione, e indirettamente del paese, per premio avrete la testa del Pd. Uhm, intelligente tattica – dovrebbero capirlo anche gli altri contraenti del patto di sindacato del centrosinistra – ma e’ dubbio possa ottenere risultati sul fronte del renzismo, mentre probabilmente trovera’ orecchie sensibili dalle parti dei “giovani turchi” Matteo Orfini and Co, piu’ adusi alle logiche e alle ragioni di partito.
Il panico al vertice del Pd si sta diffondendo per alcune ragioni semplici: hanno capito che Matteo Renzi non uscira’ dal partito (“non amo il giochino del Terzo polo”, ha detto di recente), che Matteo Renzi sa che una leadership conquistata nella gara e non nelle trattative di retrobottega e’ molto piu’ forte, che Matteo Renzi gode di un crescente seguito popolare, che Matteo Renzi, prodiano di indole, e’ per talento, scuola (come Franceschini) e carta anagrafica difficile da battere, frenare, inglobare, perfino cooptare. Vaste programme limitarne gli effetti. Ma almeno Franceschini, dal punto di vista della leadership del Pd, ci prova.