A chi giova l'affollamento alle primarie del centrosinistra?
Secondo la rubrica del Foglio Passeggiate romane il moltiplicarsi dei candidati alle primarie è un brutto segno per il segretario del Partito democratico, Pierluigi Bersani, che dunque sta meditando sul se e sul come inserire regole per evitare che la corsa a tre, quattro concorrenti si trasformi in una mezza maratona pletorica.
Forse più candidati (soprattutto del Pd) ci sono vuol dire che meno solida è la leadership dello stesso Bersani, ma dal punto di vista strettamente elettorale la folla potrebbe favorire invece che danneggiare la corsa del segretario.
Bersani, infatti, può contare su gran parte dell'apparato del partito, gode senz'altro di un buon rapporto con il mondo sindacale, insomma può mobilitare un popolo meglio definito e compatto perché vada a votare ai gazebo. (E con tanti candidati può evitare il faccia a faccia con il principale sfidante).
Chi invece come Matteo Renzi deve puntare sul voto più di opinione e meno organizzato, o addirittura sul voto dei non militanti e/o iscritti veri e propri, corre il rischio di vedere disperso in mille volti e outsider il potenziale di consensi in libertà.
Anche perché, e questo è soltanto un sospetto, la griglia di partenza delle primarie non è certo già definita. Intanto, come pare di capire dai suoi tweet, Nichi Vendola, visto che si stanno trasformando in primarie del Pd, potrebbe non candidarsi più, anche per dare una mano a Bersani.
Inoltre, appare difficile pensare che i radicali di Marco Pannella ed Emma Bonino non s'inventino qualcosa anche per questa competizione interna al centrosinistra e al Pd. Estromessi per ora dalle trattative sulla futura alleanza, concorrendo con un loro candidato forte, per esempio la vicepresidente del Senato eletta nelle liste del Pd, Emma Bonino, (re)imporrebbero la loro presenza al tavolo dei giochi preelettorali e costringerebbero il fronte neoprogressista e il Pd a considerare anche i loro temi, la loro storia e i loro possibili candidati.