Venerdì a Torino si aprono gli Stati generali del Nord. L'evento segna la partenza della nuova Lega modello Csu guidata da Roberto Maroni. L'appuntamento è significativo perché intanto ci sarà un ministro del governo Monti, Corrado Passera, quando la Lega è l'unico partito di peso che ha votato "no" all'esecutivo dei tecnici fin dal primo voto di fiducia.
Altri ospiti significativi sono Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, e Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo.
E qui sta un bel paradosso. Umberto Bossi regnante, la Lega era meno in giacca e cravatta, molto meno modello Csu e sicuramente avrebbe faticato ad avere a una propria assise ospiti di questo tipo, ammesso che il senatur li volesse.
Però la Lega in canottiera di Bossi era (più) al centro dei giochi e dei dibattiti sulle alleanze: inserita nello schema di gioco del centrodestra e a fasi alterne corteggiata dalla sinistra in funzione antiberlusconiana, in quanto – come disse Massimo D'Alema – in fondo costola della stessa sinistra.
Il paradosso è questo: oggi la Lega è più "socievole" ma appare più isolata nei giochi delle alleanze e delle coalizioni. E questo è un paradosso utile per Maroni, perché una delle cose che gli elettori meno gradiscono – in questo autunno del nostro discontento per la politica – è che si parli sempre e soltanto di giochi di coalizioni. Lo ha capito Matteo Renzi, che non ne parla mai. Lo ha capito Beppe Grillo, che le esclude sempre. Lo sa Roberto Maroni: se non si parla di alleanze, si nota meglio la nuova Lega. Poi, in un secondo momento, si vedrà.