E va bene, stasera è la grande sera del ritorno (italiano) di Dallas, e comunque vada sarà un successo (video). In America gli ascolti sono andati bene e la seconda stagione del sequel è già in cottura. Ma ci sono dei ma.
La nostalgia, intanto, si aggrava perché anche allora, più di vent'anni fa (35 in America), era il martedì il giorno prescelto in Italia. Avevo perfino strappato ai miei genitori di andare a dormire alle 21 e 30 per poterlo vedere. E' uno dei ricordi più antichi e chiari che ho.
Però Dallas non torna davvero, torna soltanto come ipotesi di quella serie laggiù, quella che divenne uno dei dieci programmi televisivi più visti di tutti i tempi. Il passaggio di consegne tra Bobby il buono a Christopher, il figlio buono, e tra J.R. il cattivo a John Ross, il figlio cattivo, è troppo banalmente annunciato che perfino lo scontro tra nuove energie e caro, vecchio petrolio passa in secondo piano, anche in termini di scontatezza.
J.R., invece, il mitico Larry Hagman, passa dal mutismo della demenza senile alla ritrovata perfidia glamorous in meno di una puntata. Ovviamente anche le donne fanno litigare e pongono le basi dei prossimi, futuri e progressivi rancori.
E' vero, Southfork non è tanto cambiato, il ranch, e tutto il resto sembra fisso, troppo, a parte la ritrovata brillantezza di Sue Ellen, Linda Grey, sembra che per lei il tempo non sia passato. Per gli altri un po' di più.
La missione era quasi impossibile, e infatti.
Ma voi ve lo ricordavate Ray Kreebs? Io no.