Oggi la notizia è un'altra, ma intanto negli ultimi giorni ha tenuto banco (e spesso è scappato di mano) il gioco delle parti. Da sempre infatti le coalizioni nascono con almeno due anime, una più movimentista e un'altra più tradizionale. Perfino all'interno dei partiti c'è questa (utile) dicotomia.
Del resto così siamo anche noi, cittadini elettori, metà ragionevoli e metà inguaribili protestatari. Inoltre, di questi tempi, la rabbia ha qualche chance di successo in più rispetto alla ragionevolezza, vista la crisi politica ed economica. Allora anche le offerte elettorali prendono nota e si acconciano alla bisogna, sperando di allargare il proprio target non rinunciando né al pubblico ragionevole né a quello protestatario. Insomma, il clima elettorale costringe i partiti e le coalizioni ad allargare lo spettro dei destinatari del proprio messaggio.
Prendiamo il centrosinistra. C'è il più tradizionale Pd (con addirittura anche al suo interno una forte istanza di rottamazione seria come quella incarnata da Matteo Renzi) e c'è la più movimentista Sinistra, ecologia e libertà di Nichi Vendola. C'è il Partito democratico che sostiene (ancora per quanto?) Monti senza amarlo e c'è Sel che osteggia Monti senza nasconderlo fin dall'inizio.
Ma in fondo si sta profilando così anche il (nuovo?) centrodestra. C'è il Pdl più tradizionale (con addirittura anche al suo interno una forte istanza di rottamazione più o meno seria come quella incarnata dai berlusconiani più duri) e c'è la più movimentista Lega nord di Roberto Maroni. C'è il Popolo della libertà che sostiene (ancora per quanto?) Monti senza amarlo e c'è la Lega che osteggia Monti senza nasconderlo fin dall'inizio.
E il centro? Ecco, qui il tutto è più complicato, in queste ore.
Di primarie in primarie, infatti, tra lotte, polemiche e stop and go, lo schema di gioco si va chiarendo nei due schieramenti principali.
Nel centrosinistra, certo, tutto potrebbe deflagrare e cambiare con una vittoria di Matteo Renzi (il sindaco di Firenze stasera sbarca al Dal Verme di Milano), ma intanto ci sono le primarie, c'è la gara tra i concorrenti, che funge anche un po' da gioco delle parti, mostrando agli elettori che nel centrosinistra c'è il centro, la destra e la sinistra; c'è il liberismo temperato, la socialdemocrazia temperata e l'antagonismo radicale; c'è il "sì" a Monti, il "ni" a Monti e il "no" a Monti; c'è il "sì" all'Europa, c'è il "sì ma" all'Europa e c'è il "no a questa Europa". Spettro completo.
In fondo, pur nel caos berlusconiano, anche nel centrodestra indebolito e diviso dopo la fine dell'ultima esperienza di governo, e con molti più rischi e con molte più istanze populiste risorgenti, si va profilando uno schema analogo di gioco e un simile spettro di offerta politica.
Ecco, nel centro, fin dall'inizio era evidente che le liste sarebbero state almeno due, una più tradizionale, composta da Udc, Fli e altre forze politiche già esistenti, e una più movimentista, quella che si ama definire della società civile, composta da Italia Futura, Fermare il declino, Zero positivo e altri ancora. L'incertezza, in un primo momento, verteva sulla collocazione della cosiddetta "area cattolica" esterna ai partiti tradizionali, anch'essa peraltro divisa in due anime, una più movimentista e sociale e una più tradizionale e liberale.
Poi che cosa è successo?
Il dialogo tra Italia futura di Luca Cordero di Montezemolo e Fermare il declino di Oscar Giannino si è rotto sulla questione del manifesto "Verso la Terza Repubblica", con tanto di lite in pubblico e con Giannino che all'Unità di sabato scorso dice: "E' sfumata la fiducia reciproca". Così ora quelle che lo stesso Giannino definisce "le due gambe distinte di un nuovo centro" sembrano essere altre due: la lista per l'Italia di Pierfendinando Casini e Gianfranco Fini e la nascente lista "Verso la Terza Repubblica" di Montezemolo e…
Sì, perché la notizia vera dell'appello di Italia Futura e soci "Verso la Terza Repubblica" è l'adesione di un ministro del governo Monti, Andrea Riccardi. Si tratta del primo membro dell'esecutivo tecnico, infatti, che esce chiaramente allo scoperto aderendo a un'iniziativa politica non legata soltanto a questi mesi preelettorali, ma anche al dopo.
L'adesione di Riccardi, di cui si erano già intraviste le convergenze parallele con Casini, assieme a quella di Raffaele Bonanni (Cisl), di Andrea Olivero (Acli) e di Lorenzo Dellai (presidente della provincia di Trento), vuol dire che, come spiega sempre Giannino, "la pesca di Montezemolo nel mondo cattolico finora è riuscita".
Fin dall'inizio, comunque, i due principali ostacoli nella via del dialogo tra Italia Futura e Fermare il declino potevano essere colti proprio nei due temi forti impersonati dallo stesso Riccardi: il rapporto con le forze politiche dell'area cattolica, sia quelle tradizionali come l'Udc sia quelle più movimentiste e nuove come Todi e il gruppo Riccardi-Bonanni-Olivero-Dellai, e il legame (o no) con l'esperienza del governo Monti (in questo senso una prima distanza rispetto a Fermare il declino, Montezemolo l'aveva già segnata nell'intervista al Corriere della sera).
Ovviamente non di sola identità e tattica si tratta, ma anche di proposte più o meno liberiste. E' chiaro che il mondo cattolico non ha una così forte propensione ad alcune delle misure (tagli alla spesa, privatizzazioni eccetera) auspicate dall'appello di Fermare il declino.
Che farà ora Fermare il declino?
Giannino, sempre parlando con l'Unità (e la scelta del giornale è certamente significativa), ha escluso un dialogo con il Pdl – "Su quell'esperienza abbiamo un giudizio molto netto" – mentre ha lanciato un messaggio a Pierluigi Bersani: "Ai democratici mi permetto di dare un consiglio non richiesto: non credo che il premio di coalizione consentirà a Bersani di governare. Al contrario, in questo scenario così dinamico, penso che un premio al primo partito consentirebbe al Pd di avere maggiori possibilità di essere il 'pivot' del nuovo governo". Cioè, il consiglio è: cambiate la legge elettorale, date il premio al primo partito, così il Pd vince le elezioni e non è obbligato ad alcuna alleanza di governo decisa prima del voto, come l'attuale con Sel.
In sintesi: Fermare il declino chiude a destra, riflette sul centro e guarda a sinistra, dove l'addio a un Monti bis è stato dato da tempo. Osserva soprattutto Matteo Renzi. Giannino del resto ha spesso parlato "della sua (di Renzi, ndr) coraggiosa e tagliente iniziativa". Carlo Stagnaro, promotore di Fermare il declino e anima energetica dell'Istituto Bruno Leoni, ha detto a Formiche.net: "Se votassi (alle primarie, ndr) voterei Renzi, non solo perché il suo programma – pur
migliorabile in alcuni aspetti, carente in altri, poco convincente in
altri ancora – appare quello più vicino a un approccio realistico al
problema del declino italiano, ma anche perché Renzi è l'unico ad avere
un programma". Infine Luigi Zingales, editorialista del Sole 24 Ore e promotore di Fermare il declino, l'anno scorso era stato alla Leopolda in occasione del Big Bang di Renzi (video).
Intanto – dice Giannino – "abbiamo ancora davanti un po' di settimane, in cui continuare a radicarci e verificare se raggiungiamo una massa critica che ci consenta di presentarci alle regionali e alle politiche. Ma non vogliamo costruire un micro partitino, al limite resteremo come un movimento di idee".
Ps. Comunque a destra, sinistra e centro (vecchio e nuovo), c'è ancora tempo per giochi delle parti e pontieri, sempre che il gioco non scappi di mano e che nel frattempo Beppe Grillo non faccia a nuoto, dopo lo stretto, anche da Roma a Milano.