Ma che senso ha continuare a decidere di non decidere di non salvare la Grecia?
Da più di due anni e fino a ieri, come spiega perfettamente qui il corrispondente del Sole 245 Ore Beda Romano, gli aiuti ad Atene sono ormai come le trattative sulla leggere elettorale italiana: sempre a un passo dalla conclusione, ma sempre pronte all'ennesimo rinvio, sempre chiare e sempre appetibili per un nuovo rilancio da una parte e/o dall'altra.
Il problema è che la legge elettorale vecchia e nuova, come direbbe Giulio Tremonti, non si mangia, gli aiuti per Atene invece sì. E non solo in Grecia.
I greci hanno ormai diritto, dopo elezioni e rielezioni per rispettare i canoni bruxellesi, di conoscere un loro chiaro futuro europeo: dentro o fuori, aiuti o no, insomma questo continuo, lento passettino dopo passettino, oltre a fomentare le più pericolose forme di populismo, aiuta soltanto le forze più speculative del mercato che, non per cattiveria, ma per razionale conoscenza delle logiche europee, continuano a scommettere sull'indecisione come strategia. E questa scommessa non riguarda solo Atene, ma come il declassamente della Francia dimostra, anche altri paesi europei più europei dei greci.
Avera ragione Otmar Issing, quando al Sole 24 Ore spiegò che…
Il default non sia un tabù. Soltanto una minaccia credibile può innescare prassi virtuose