Ieri sera, da Lilli Gruber, prima della guerra dei due mondi
a Servizio pubblico, Massimo D’Alema ha detto che Matteo Renzi si sta
comportando molto bene. Tra i sostenitori del sindaco di Firenze, prioprio per
frasi come questa e proprio perché a dirle sono esponenti come D’Alema, sta invece
serpeggiando un po’ di malessere e tanta preoccupazione.
Perché va bene che
Renzi ha scritto di recente in una mail che “il futuro ci raggiungerà presto”,
ma “quanto presto?”, si chiedono appunto i sostenitori. E intanto che fa?
Perché parla poco? Perché non ha battagliato fino all’ultimo nome in lista con
il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani?
Giusta o sbagliata che sia, quella di Renzi è una strategia
e Renzi non la
abbandonerà. Se ne facciano una ragione i commentatori più
smaliziati e maliziosi, e pure i sostenitori più barricadieri. E’ una strategia
chiara e sarà attuata con determinazione. Renzi si comporta bene e si
comporterà bene (certamente almeno fino al voto) perché pensa che comportandosi
bene anche dal punto di vista di D’Alema (e questa è la naturale scelta di un esponente politico leale e moderno) la sua strategia possa funzionare meglio e
il futuro raggiungerlo presto, prima.
Renzi sa che un leader che vuole diventare grande ha bisogno
di un grande partito. Non è con le scissioni o i movimenti soltanto elettorali che
s’iniziano le storie politiche di peso. Ve ne ricordate una iniziata così?
Non è nemmeno con le trame – pensa Renzi e non è detto che a
D’Alema non fischino le orecchie – che si deve conquistare la guida di un
movimento politico, poi di una coalizione e alla fine di un governo. Chi di
rematore contro ferisce prima o poi di rematore contro perisce (fischi alle orecchie?).
Renzi è convinto che l’attuale centrosinistra sia fragile
per via di un programma non innovativo e di alcune forti contraddizioni
interne. Dunque, non ne accentua i problemi prima del voto, ma aspetta che le
contraddizioni esplodano per il giudizio (incerto) degli elettori o per le
future, possibili difficoltà a governare, per poi proporsi come nuova sintesi
possibile e nuova guida credibile del Pd e del centrosinistra.
Naturale, no? In
un paese normale – e anche qui a D’Alema potrebbero fischiare le orecchie – è così,
naturale. Non c’è altra via, per Renzi, per raggiungere il suo futuro e quello
della sua parte politica. Non esiste un leader forte in un partito debole –
pensa – dunque Renzi non indebolisce il Pd, ma attende quello che lui considera
il naturale corso degli eventi.