Il governo guidato da Enrico Letta, nato in un giorno dai risvolti drammatici, con i due carabinieri feriti, uno molto gravemente, è entrato nel pieno delle proprie funzioni da poche ore, ben accolto dai mercati, e alcuni osservatori già scommettono sulle prime tensioni tra i partiti attorno al discorso che il presidente del Consiglio terrà oggi prima della fiducia. Tutto normale e tutto naturale.
Le tensioni tra e nei partiti ci sono e ci saranno: Imu, esodati, austerity, marò, debiti PA, riforma del lavoro, diritti di cittadinanza… pensare che su tutti questi temi arrivi la sintonia in poche ore è ovviamente impensabile. Alcune di queste tensioni, inoltre, servono anche per ben gareggiare, dentro e fuori i rispettivi partiti, nella corsa dei futuri sottosegretari.
Ma il clima politico reso teso dall'attentato di ieri non sembra testimoniare la nascita di un esecutivo fragile e in balia dei mal di pancia dei partiti. Anzi, come dimostra il rientro del dissenso interno al Partito democratico, dalla fine di questa settimana, quando l'iter della fiducia e la nomina dei sottosegretari saranno fatti compiuti, tutto lascia presagire che quasi tutti avranno motivo di tifare per la tenuta del governo.Per fortuna.
Del resto, come mi è capitato di discure a Perugia, al vivace Festival internazionale del giornalismo, con il direttore di Rivista Studio, Federico Sarica, il punto di forza di questo esecutivo "di servizio", come lo ha definito Letta, oltre che nei bei nomi della sua compagine, sta al Quirinale.
E il Quirinale può dare forza al governo grazie a un implicito "ricatto" politico giustamente e fortunatamente esercitato nei confronti delle due principali forze politiche da un fuoriclasse delle istituzioni e della politica come Giorgio Napolitano, il quale ha tenuto a dire, intervenendo subito dopo la lettura della lista dei ministri, che proprio di "governo politico" si tratta.
Al Pd il Quirinale indirettamente dice: caro Pd, se fai cadere il governo si va subito al voto, sei sicuro che ti convenga? Al Pdl, in particolare a Silvio Berlusconi, il Quirinale indirettamente dice: caro Pdl, se fai cadere il governo potrei dimettermi e tu protresti ritrovarti un presidente tuo rivale acerrimo, sei sicuro che ti convenga?
Insomma, il perfetto schema del Quirinale, scelto da Napolitano dopo che i partiti lo hanno implorato di restare al Quirinale, prevede l'utilizzo delle opposte, rispettive convienze dei partiti per favorire la convenienza del paese ad avere un governo. E che governo. Enrico Letta è la sintesi perfetta delle opposte, rispettive convenienze e rassicurazioni necessarie.
Matteo Renzi lo ha capito e si sta mettendo lealmente al servizio di questo utile processo politico, utile perché può avere effetti positivi per tutti i soggetti politici o quasi, sapendo benissimo che se un pagina si volta anche lui ha da guadagnare qualcosa, perché comunque l'attuale esecutivo ha sempre un sapore di transizione e di pacificazione. E se invece la pagina non si volta spetterà comunque a lui prima o poi (ri)provare a voltarla.
C'è però anche un'altra domanda: questo governo è oppure no il lieto, rassicurante fine per il berlusconismo? Il fatto che Silvio Berlusconi sia interessato alla guida dell'eventuale convenzione per le riforme significa che qualche caratteristica per esserlo questo scenario politico ce l'ha. Vedremo. Anzi, Vedrò.