L'ultimo libro di Gianni Riotta
ruota tutto attorno alla domanda del titolo: “Il web ci rende liberi?” (Einaudi). La
risposta di Riotta è: di per sé no. Infatti nel testo Riotta cerca di sfatare
alcune leggende positive legate al web, non per sminuire l’importanza della rivoluzione
tecnologica, ma per torglierle alcune delle funzioni salvifiche che molti
osservatori vogliono appiccicarle addosso a tutti i costi. Noi ci rendiamo liberi, al limite Internet
ci aiuta a esprimere la nostra libertà. Del resto la stampa di Gutenberg, per
certi versi, è stata una rivoluzione tecnologica finora più grande del web. Non
è la tecnologia che fa la rivoluzione, ma sono le nostre idee, quelle che
grazie alla tecnologia possiamo diffondere più facilmente, a fare la rivoluzione. Non
è vero che la tecnologia, Internet, ha fatto sbocciare la primavera araba, ma
sono state le vite, le idee, le battaglie di quei ragazzi a farla sbocciare, anche
grazie al fatto che la tecnologia ha reso possibile alcune cose, come
organizzarsi e comunicare. In certi casi poi la tecnologia non c’entra nulla,
ma l’effetto, l’onda mediatica che il web ha via via creato, a volte diffonde
miti legati a Internet. E poi attenzione: anche i dittatori stanno imparando a
usare le nuove tecnologie. La tecnologia è sempre un’arma a doppio taglio. Come
rende più facile comunicare, rende più facile controllare le persone,
censurare, come in Cina. Inoltre, come velocemente si possono diffondere le
buone idee, così altrettanto velocemente si possono diffondere le pessime idee,
il cattivo gusto, la mala educazione. Grazie anche all’anonimato che in rete è
spesso possibile. Il web emancipa le masse africane con i
micropagamenti via cellulare, ma la tecnologia ha anche avviato una feroce ristrutturazione
generale delle economie con ingenti perdite di posti di lavoro che molto
probabilmente non saranno mai più creati. Il web ci può rendere più informati,
ma anche più ignoranti perché i motori di ricerca ci danno la sensazione di
avere tutti i saperi a portata di mano, ma poi magari sono saperi superficiali,
a volte inattendibili, in pochi caratteri: basta googlarlo, no? Qual è la
soluzione? Portare nella rete le buone idee, la buona educazione, il meglio di
noi. Non è la rete che lo tira fuori, il meglio di noi, anzi spesso stimola il
peggio, siamo noi che dobbiamo metterlo nella rete, il meglio di noi. Per
questo iniziano a esserci i cosiddetti “pentiti” dell’entusiasmo per il web,
come Evgeny Morozov (“The net delusion”) e Jaron Lanier (“Tu non sei un
gadget”). Per questo il libro di Riotta è utile a far sì che gli idealisti
della rete siano assaliti dalla realtà virtuale e no. Anche i new media,
quelli che dalla rete nascono, non sono rivoluzionari di per sé, lo possono
diventare in positivo se sui nuovi media ci portiamo il meglio dei vecchi
media, innovando il giornalismo quanto c’è da innovare per via dei nuovi
strumenti. E poi ha davvero senso una distinzione tra new e old media? Per
Riotta, che pure insegna New Media a Princeton, in fondo no: esistono (e da
sempre) i media, bisogna saperli usare nel migliore dei modi, innovando quando
la tecnologia si rinnova.
Ecco la recensione di Fabrizio Forquet sul Sole 24 Ore del 7 aprile 2013:
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2013-04-07/come-prendere-meglio-165111.shtml?uuid=AbW6u2kH