Qualche giorno fa un parlamentare grillino ha fatto una dichiarazione sublime nel suo essere paradossale. In sostanza ha detto che il comico genovese e capo del suo partito, Beppe Grillo, oscura il suo lavoro. Maddai! Con le sue polemiche, le sue sparate, i suoi post sul blog, insomma con il suo essere Beppe Grillo.
Ma quel parlamentare grillino non è forse diventato un parlamentare grillino perché Grillo ha oscurato la politica degli altri partiti. Eh sì! Con le sue polemiche, le sue sparate, i suoi post sul blog, insomma con il suo essere Beppe Grillo, comico genovese e capo del suo partito?
Oppure quel parlamentare grillino pensa che il Movimento 5 Stelle alle scorse elezioni ha preso il voto di un italiano su quattro perché voleva votare proprio lui, Tizio Caio? O perché assolutamente convinto della bontà del programma politico creato in rete dai grillini? Andiamo!
Ora, tralasciando l'involontaria comicità di un deputato e/o senatore diventato tale grazie alla notorietà del comico leader di partito che ora lo oscura, quella frase mette in luce diversi elementi significativi dell'attuale situazione politica.
Primo, i partiti personali sono tali e in fondo lo sono sempre stati perché la politica è personale, è fatta dalle persone, sulle cui gambe camminano le idee, è votata dalle persone e, dopo la fine della spinta propulsiva (fine reale?) delle ideologie, il fenomeno dell'empatia tra leader ed elettore è ormai inevitabilmente al centro del gioco politico. E non è detto che sia un male.
Inoltre anche nel passato i partiti, più tradizionali (non come quelli di oggi, "comitati elettorali", come li definisce Fabrizio Barca) sono stati anche partiti personali. Palmiro Togliatti era "il migliore" del Pci. Bettino Craxi incarnava una leadership non certo collettiva, nonostante lo spropositato numero di craxiani quando Craxi era in auge. Perfino Alcide De Gasperi, Aldo Moro ed Enrico Berlinguer, ma anche lo stesso Giulio Andreotti, con stili e modi diversi, sono stati leader carismatici di partiti e/o di correnti anche "personali". E forse che il Pci non provocava espulsioni?
Secondo, la legge elettorale soprannominata Porcellum rafforza la natura leaderistica di ogni partito e movimento in quanto i singoli eletti, seppure secondo Costituzione liberi da vincoli di mandato, dunque anche autonomi rispetto alle scelte dei rispettivi capipartito e non obbligati alla disciplina o a obbedire al centralismo democratico, sono più che eletti nominati dalle segreterie, dunque dal capo del partito (personale), "parlamentarie" del Pd a parte (per quelle del M5S c'è qualche problema in più).
Terzo, se non fossimo di fronte a un partito che non gode di buona stampa (dopo averne goduto assai e a lungo: vedi campagna contro la casta), saremmo qui (quasi) tutti a dire che i deputati e i senatori che "tradiscono" Grillo sono più o meno dei "voltagabbana".
Certo, Grillo dice cose sbagliate in modi sbagliati e con toni sbagliati. Certo, il Movimento 5 Stelle non è un partito con un alto senso del rispetto della normale dialettica e democrazia interna alle forze politiche. Certo, Grillo ha una concezione "proprietaria" del movimento e dunque anche dei gruppi parlamentari. Ma dov'è la sorpresa? Dov'è soprattutto la sorpresa per coloro che sono stati eletti grazie a Beppe Grillo, che così era, è e molto probabilmente sarà?
Infine, un'annotazione. Fino alla nascita del governo guidato da Enrico Letta, esponenti della sinistra, commentatori di una parte della stampa nazionale e mondi televisivi e internettari hanno alternato critiche e corteggiamenti nei confronti del movimento di Grillo nella speranza che si aprissero "spiragli" per un considdetto governo di "cambiamento" nato da una coalizione che come tale non si era affatto presentata alle elezioni, cioè Pd+Sel+M5S (o spezzoni del). Da quando quella prospettiva è svanita, come era prevedibile e come era stato previsto, è iniziato il gioco del "porta via a Grillo un grillino al giorno", dagli al populismo autoritario, quando prima quello stesso movimento era quasi considerato una costola della sinistra.
Il problema è che il sospetto è che sia lo stesso Beppe Grillo il primo interessato a ridurre le proprie forze parlamentari, per controllare meglio i suoi gruppi, per urlare meglio all'inciucio e al tradimento. Un parlamentare grillino ha tutto il diritto di essere deluso da Grillo e ha tutto il diritto di lasciare il movimento e il gruppo. Il suo gesto sarebbe però certo politicamente più denso e forse anche serio se tutto ciò, vista la natura della nostra legge elettorale, si accompagnasse a un'autocritica – "ho creduto a una cosa che non funziona e a una persona che mi ha deluso" – e soprattutto alle dimissioni da parlamentare.
Per quelli che invece credevano agli "spiragli", ora c'è il pallottoliere: quando i (senatori) grillini fuorusciti dal movimento di Grillo saranno in numero consistente, tornerà la tentazione del cosiddetto "governo di cambiamento" almeno in una parte del Pd. Non bello, no.