Ero pazzo dell’Aston Villa

AstonVillaEro pazzo dell'Aston Villa. Anche dell'Arsenal, ma dell'Aston Villa di più. Non so perché. Certo, era una squadra forte, giocava la Uefa, la coppa delle Coppe e qualche volta anche quella dei Campioni, ma non era tanto il valore tecnico in sé. Per un interista contano anche altre cose. Era qualcosa di più. E' stata la prima maglia che ho avuto, ancor prima di quella della mia Inter. Era un'attrazione verso l'oltreconfine, del resto Inter sta per Internazionale e del resto forse arriva Erick Thohir dalla lontana Indonesia. Ma ero pazzo dell'Aston Villa. Non di un giocatore in particolare – oggi non ricordo neanche i nomi – ma della squadra.

Ero pazzo anche dell'Arsenal, ma dell'Aston Villa di più. Erano quei colori fantastici, ora si direbbero forse "blaugrana", ma sarebbe il Barcellona, giustamente stigmatizzato nel suo tiqui taca dal fratello interista Michele Dalai (vedi il libro edito da Mondadori). No, l'Aston Villa era un'altra cosa. Quella maglietta così diversa da tutte, maniche di uno strano celeste e/o blu, busto di uno strano rosso. E poi quel campionato pazzo con portieri che sembravano scelti apposta per fare almeno quattro gol a partita, ma matti, matti, matti.

La domenica mattina una trasmissione – mi pare si chiamasse Super Gol o qualcosa di simile – portava nelle nostre case, grazie alla neonata tv commerciale (merito, questo, che nessuno Gli toglierà mai, nemmeno la Cassazione), il calcio d'Europa. Il piccolo mondo antico del calcio nostrano si apriva, mentre pian piano iniziavano poi ad arrivare gli stranieri e assieme a una squadra italiana ti sentivi quasi in dovere di avere un team preferito anche all'estero. Era il preludio sportivo dell'Erasmus accademico, il fantacalcio senza frontiere. L'avevo anche nel Subbuteo la squadra dell'Aston Villa, come poteva mancare.


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Vogliamo parlare dell'Anderlecht, per esempio. Ero pazzo anche dell'Anderlecht (e del Beglio, inteso come nazionale: oh, tu, Ludo Cook, oh, tu, Vincenzino Scifo), ma dell'Aston villa di più. Quel viola della maglietta dell'Anderlecht era l'idea che oltre confine non ci fosse solo una meta, ma tante, non un solo calcio, ma tanti. 


Anderlecht

Ecco, tanti calci – e fuor di retorica – un solo sport, una sola passione. Non sono solo cosette. Una volta, vado a memoria, potrei sbagliare ma mi pare proprio fosse lui, Adriano Galliani fece una sacrosanta intervista per proporre un campionato di calcio europeo, con tutte le più grandi squadre delle più grandi città. Idea giustissima, molto più utile di molti documentari sull'acquis communautaire. Tiferemmo per una squadra che gioca un campionato europeo e ci sentiremmo un po' più europei. Guardate che la cultura popolare fa miracoli, altro che puzza sotto il naso. E poi tiferemmo per una squadra dei nostri campionati nazionali e ci sentiremmo un po' campanilistici.

Beh, intanto che l'Europa capisce come rendersi un po' più simpatica, devo dire che sta cosa che arrivi tutto il calcio minuto per minuto di tutta Europa a me pare una goduria. Soprattutto è giusto che ce ne sia in quantità industriale, roba da indigestione, così i super appassionati sono soddisfatti e chi ama invece piluccare oltre confine trova sempre qualcosa da vedere. Non è solo calcio, è apertura. Il tifo solletica corde che la ragione non può capire, forse, ma la passione sì. La vogliamo o no un'Europa più passionale? Beh, intanto oggi c'è Aston Villa – Liverpool, in diretta alle ore 18.30 su Fox Sports (telecronaca di Paolo Ciarravano) disponibile su Mediaset Premium (canali 382 e 383) e in HD su Sky (canali 205 e 210). Ed è solo il calcio d'inizio. Buona partita, buona Europa.

  • Cantor90 |

    Bello sapere che siamo in tanti fra gli amanti dell’Aston Villa. E bello sapere che abbiamo fedi calcistiche italiche differenti: io sono juventino, per esempio. Anche io l’ho avuta come squadra di Subbuteo: è da lì che me ne sono innamorato. E comunque non diciamo che i suoi colori sono “blaugrana”, i suoi colori sono “claret and blue”
    Detto questo, condivido anche l’idea che un’idea di Europa si debba costruire facendo leva su sentimenti e passioni popolari. Il calcio, e lo sport in generale, sono tra i più adatti a suscitarli. Il punto cruciale è riuscire a far riemergere gli aspetti “romantici” del calcio partendo dagli aspetti commerciali dai quali siamo invasi. Come farlo? Beh non è facile, ma si potrebbe iniziare da una discussione sull’araldica calcistica. Perché per esempio dobbiamo sopportare che il PSG cambi il simbolo cancellando il riferimento alla culla reale di Luigi XIV, simbolo di St. Germain-en-Laye. Così facendo si dimentica che l’SG in PSG si riferisce a St. Germain-en-Laye e non al quartiere di St. Germain che si trova nel sesto arrondissement di Parigi.

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