Non ho mai amato Andre Agassi giocatore – ero rimasto a Mats Wilander – mi sono innamorato di Andrè Agassi scrittore (con l'aiuto di J. R. Moehringer). E ho avuto la fortuna, alcuni giorni fa, di partecipare, grazie a IL, magazine del Sole 24 Ore diretto da Christian Rocca, a una “Colazione placé a cura di Carlo Cracco in onore di Andre Agassi organizzata da Longines a Palazzo Parigi martedì 5 novembre. Il campione, a Milano per il World Business Forum, ha poi incontrato i propri fan al corner Longines in Rinascente nel pomeriggio. Testimonial del marchio svizzero insieme alla moglie Steffi Graf dal 2007, André Agassi è impegnato con le attività della sua Fondazione, la “Foundation for Education” fondata nel 1994 e che mira a offrire un'istruzione pubblica adeguata ai giovani meno fortunati del suo paese”.
A parte che non avevo mai mangiato qualcosa cucinato da Cracco e sono letteralmente impazzito per la sua cotoletta, ma ovviamente il punto è un altro, il punto è il fenomeno Agassi. Perché un libro come Open (Einaudi) diventa un culto e continua a vendere per mesi e anni? Perché viene tradotto in 16, presto 20 lingue? Perché ha creato nel pensiero collettivo alcuni miti insormontabili come il padre padrone, il robot del tennis, l'odio per lo sport che ti fa ricco e famoso, la fredda Brooke, la sublime Steffi? Perché Brad Gilbert da medio giocatore è diventato inarrivabile guru del giocare e vincere sporco, ma intanto vincere?
Agassi dice che a differenza degli altri era capace di capire dove sarebbe andata la sua palla quando il suo colpo era sbagliato e dunque si preparava al meglio per riparare a un suo errore. E questo me lo chiamate soltanto tennis?
Agassi dice che il tennis è tutto ritmo e che tu sei diventato davvero un campione quando immerso nel ritmo del tennis non vedi neanche più il volto del giocatore che sta dall'altra parte della rete. Perché il punto lo segni non quando cerchi di essere perfetto ma quando provi a diventare migliore. Pare sia stato, almeno nella carriera di Agassi, il grande insegnamento di coach Gilbert. Ma mica vogliamo credere che valga soltanto per il tennis, no?
L'idea che Agassi trasmette è quella di essere un maestro del controllo, un calcolatore applicato alla ragionevolezza del vivere, un atleta del pensiero pragmatico, che ama i suoi obiettivi, come la Fondazione per l'educazione, più delle sue convenienze (comunque tenute in buona considerazione).
Dice che ti fa due, tre domande e dalle tue risposte capisce che giocatore di tennis sei, a che livello giochi. Vale soltanto per la racchetta?
Ha una capacità analitica portentosa, meticolosa e per certi versi schiettamente cinica, seppur basata sullo stretto indispensabile in fatto di nozioni: così deve essere qualunque analisi per essere utile. Come quando spiega che per Roger Federer vincere ancora uno Slam sarà quasi impossibile perché ha almeno tre, quattro giocatori al suo livello oggi. E in semifinale si va in quattro.
Agassi è certamente molto americano, guarda il tennis soltanto in televisione perché dal vivo incontri gente che non vuoi incontrare, non vuole fare il coach o il commentatore tv perché si lavora troppo, perché devi studiare, ammette che se tornasse a giocare non farebbe nulla, se tornasse sua moglie Steffi invece vincerebbe ancora. Perché il tennis maschile è molto cambiato, è quasi un altro sport. Forse anche per colpa o merito suo – ma qui non è Agassi che parla – perché è innegabile che nel tennis esista un prima e un dopo Agassi. (In fondo il rovescio a una mano l'ha definitivamente ucciso lui, no?)
Il segreto del successo di Open è stata la sincerità assoluta. Una biografia ha senso se è senza limiti nei confronti della propria verità. Agassi lo ha capito, per questo motivo il suo libro ha avuto successo, anche perché ben condito con i due azzeccati espedienti letterari del padre che impone e dell'odio per lo sport che ti ha dato tutto.
E' rimasta nell'aria del pranzo una curiosità. Quando Agassi giocava dava l'idea di essere felice, guascone, irriverente, ma invece, leggendo il libro, il dolore, per esempio quello alla schiena, è stato il continuo compagno di doppio in tutti i suoi singolari. Com'è stato possibile? Forse perché quando sai rimediare ai tuoi errori e cerchi di essere migliore, più che perfetto, soffri meno, decisamente meno.
(LA FOTO DI AGASSI E' DI PHOTOSTUDIODEDONATO)