Anche non volendolo, è evidente che ci sono tutti, ma proprio tutti gli ingredienti di un rimpasto di governo. Innanzitutto la maggioranza è cambiata sul fronte destro, con la nascita di una nuova forza politica un po' più governativa della per ora (ancora) un po' governativa Forza Italia, in attesa del voto sulla decadenza del senatore Silvio Berlusconi il 27 novembre (salvo sorprese).
Poi la maggioranza è cambiata sul fronte centrista, con la divisione di Scelta civica in almeno due anime diversamente favorevoli alle larghe intese, che peraltro vanno restingendosi.
Infine la maggioranza sta cambiando sul fronte sinistro, con le elezioni primarie e le varie fasi congressuali del Pd che stanno portando Matteo Renzi alla segreteria e indirettamente alla candidatura alla premiership (anche non volendolo).
Come se tutto ciò non bastasse è nel frattempo giunto un semaforo arancione da parte dell'Europa a quella legge di stabilità varata un po' all'improvviso e un po' alla "speriamo che ci vada bene" perché tutto il governo temeva la crisi provocata dalla prima offensiva berlusconiana di inizio ottobre.
Come se tutto ciò non bastasse c'è un ministro non di poco conto, quello della Giustizia, appeso, quantomeno nel suo imminente futuro politico, al consueto stillicidio quotidiano tratto dai tabulati.
Anche non volendolo, un (mini?) rimpasto è ormai il minimo che possa accadere nel giro di poche settimane.