Come previsto, Matteo Renzi non scherza quando dice di voler collaborare per un anno/15 mesi con il suo compagno di partito e premier sostenuto soprattutto dal suo partito, Enrico Letta. Come non scherza quando sa di dover conquistare quel voto "marginale" che oscilla tra il centrosinistra e Beppe Grillo per vincere le prossime elezioni (di qui la sfida #beppefirmaqua). Ovviamente Renzi non scherza neanche quando fa capire che il ruolo di Angelino Alfano e del suo Nuovo centro destra non può assurgere a quello di una forza politica centrale, sebbene il suo apporto sia fondamentale per la sopravvivenza del governo Letta.
Renzi sa che può aspettare il tempo richiesto per fare la riforma elettorale, gestire il semestre di presidenza e avviare qualche altro cambiamento, soltanto se non appare né come colui che logora lo scenario politico, in un nome: Letta, né come colui che disciplinatamente resta in panchina in attesa del suo turno. Tutto in fondo ovvio.
Renzi sa di godere di un'inerzia di consenso e di forza che gli permette di non avere fretta, ma sa anche che quando le inerzie s'invertono, come tendenza, poi è molto dura riportarle in positivo. Quindi, lo ha sempre detto e fatto, gioca all'attacco. In fondo, è il ragionamento di Renzi e di Letta, compreso dal presidente della Commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia già quest'estate, se le cose accadono, se sono buone cose e se si riesce a dare l'idea che le cose accadono per il peso politico di Renzi e il ruolo istituzionale di Letta, beh, ne hanno da guadagnarci sia il Pd sia il centrosinistra in generale.
Il problema, ma questo vale per tutti, è che le cose devono però accadere. La battaglia per prendersi i meriti sarà un evento naturale, ma dopo che i meriti saranno in qualche modo emersi. In fondo è un gioco costruttivo: meglio una gara a prendersi i meriti di qualcosa che è accaduto che una logorante guerra d'attrito per scaricarsi le colpe di qualcosa che non è accaduto o che è meglio non accada. No?
Lo schema, per ora, nel centrosinistra, con la continua moral suasione del presidente Giorgio Napolitano (e anche questo era prevedibile visto che sono stati i partiti a chiedergli di ripensarci e di accettare un secondo mandato), ha più di qualche chance di funzionare. Ribadiamolo: ovviamente facendo le cose.
Il resto? Beh, il resto è uno scenario quantomeno ripetitivo, se non statico. Perché che la nuova Lega nord di Matteo Salvini dialoghi con la rete europea degli antieuropei è in parte scontato. Che Beppe Grillo rilanci la sua campagna per azzerare tutto sparando a zero su tutto è altrettanto certo almeno fino al voto continentale di maggio. Che Silvio Berlusconi berlusconeggi, dando la sensazione di traccheggiare ma avendo ben chiaro il tono nazional-pop della sua corsa europea, tutta tesa a ottenere nel lavacro del consenso una qualche forma di sua rilegittimazione, è nelle cose.
Però, però… Berlusconi potrebbe essere tentato da un'altra via per lui rilegittimante, quella delle riforme condivise. Sapore di bicamerale? Stessa sorte? Vedremo.