La scommessa principale, dal punto di vista dell'Economia, del presidente del Consiglio incaricato Matteo Renzi è quella di reperire risorse per attuare alcune delle sue idee più ripetute: più soldi nelle tasche degli italiani per far ripartire i consumi; taglio, se non abolizione, dell'Irap; riduzione Irpef; formazione per lavoratori da ricollocare; scuola, scuola, scuola.
Dove trova i fondi? Intanto, qui e là aleggia la speranza europea, ma come è stato spiegato più volte sul Sole 24 Ore, questa è e resta una speranza: Bruxelles non ci farà sforare il mitico 3 per cento nel rapporto deficit/Pil, se non a patto di ulteriori, contemporanee riduzioni della spesa pubblica. (E non vale fare paragoni con altri paesi che hanno sforato, loro non hanno il nostro debito pubblico al 130 per cento del Pil). Allora siamo da capo.
Dove trova i fondi, dunque, Renzi? Certo, c'è la proposta di Davide Serra, quella tesa tassare le cosiddette rendite finanziarie, ma il tutto non è di facile e immediata applicazione.
L'altro grande campo in cui cercare di raccogliere fondi è la cosiddetta "spending review", ovvero la "smisurata ambizione" di razionalizzare la spesa pubblica.
Da un punto di vista simbolico, Renzi intende partire dai costi della politica – riforma del Senato, svuotaprovince, stipendi dei politici e dei manager pubblici.
Da un punto di vista più strutturale la scommessa di Renzi sembra invece indirizzarsi verso una migliore riscrittura dei flussi di risorse che dal centro vanno alla periferia e dalla periferia vanno al centro.
Renzi è un sindaco e anche il suo consigliere principe, Graziano Del Rio, è un sindaco passato per la presidenza dell'Anci, l'associazione dei Comuni. La sua grande riforma istituzionale promessa, quella su cui sta cercando di consolidare un'intesa allargata anche a forze che non faranno parte della sua maggioranza di governo, come Forza Italia, contiene la riscrittura del titolo V, dunque una differente suddivisione di compiti e poteri tra Stato centrale ed enti locali.
Tutto sembra dunque far pendere il barometro della spending review istituzionale, quella parallela alla più ordinaria (ovviamente, si fa per dire) riorganizzazione della spesa pubblica affidata dal governo Letta a Carlo Cottarelli, sul versante dei rapporti tra lo Stato centrale e le Regioni e i Comuni, non passando più per le province, ma stando ben attenti alle città metropolitane prossime, venture.
Anche per queste ragioni in ambito renziano circola più l'idea che il ministro dell'Economia possa essere un politico e non un tecnico: negoziare con sindaci e governatori è affare più della politica che della tecnica.
Anche per queste ragioni, qualunque sia il suo ruolo, Del Rio avrà un peso notevole nell'esecutivo Renzi in via di formazione.