Sto per scrivere un post – non vorrei ma posto!, altro che vorrei ma non posto! – di cui so già che (da giornalista) un po’ mi pentirò. Ma forse no. Insomma, vediamo. La storiella è questa. Da tempo mi veniva in mente spesso un’idea, la seguente: manca un certo tipo di racconto, quello legato alla vita nostra di tutti i giorni, ai nostri tic, alla nostra banale, ma a volte ridicola quotidianità, manca il racconto di ciò che ci unisce nel quotidiano, noi piccole masse di animali metropolitani. Manca sui quotidiani, manca nei settimanali, manca in televisione, manca alla radio. Sì, certo, c’è tanto giornalismo di costume in giro, soprattutto legato o agli amori o alle nuove tecnologie che ci stanno cambiando la vita quotidianamente tirata innanzi, ma non c’è il professionista del racconto delle vette della giornata media dell’italiano medio. Ci sono i comici, che svolgono parte di quel lavoro di ironia sociale. Ma mancano i professionisti del reale quotidiano, i realisti, i Macchiaioli del costume contemporaneo. Datemi un… E non mi veniva, non mi veniva alcun nome in mente, se non uno che mi torna spesso e per tante cose che mancano: Giorgio Gaber.
Poi, qualche giorno fa, passeggiando per Venezia – ah, Venezia – ho rivisto un pezzo della mia infanzia – ah, Milano! Sì, perché quando ero piccolo, a casa mia, c’erano tutti i libri di Luca Goldoni. Sempre. Come e con la cadenza di un libro di Bruno Vespa a Natale in libreria, compariva un libro di Luca Goldoni sul mobile dei miei. I miei genitori li raccoglievano quei libri, opera dopo opera, nella loro libreria in camera da letto, il che rendeva la cosa ancora più significativa, dal loro punto di vista: mica li tenevano alla merce’ di tutti, in salotto, o in cucina – che volgarità – no, erano in una piccola libreria bianca incassata nel muro.
C’erano tutti, un po’ sdruciti perché letti, non solo acquistati, senza nulla togliere ai volumi acquistati e mai aperti, che a volte sulle persone raccontano più di quelli effettivamente compulsati dalla prima all’ultima riga. C’era sicuramente anche “Di’ che ti mando io”. La ricordo la copertina, forse anche per questo l’ho subito riconosciuta nella altrettanto piccola libreria del negozietto veneziano che non era neanche aperto. E’ bastato mettere in una scatoletta appesa alla porta chiusa della bottega il corrispettivo di due euri per portare via quella rarissima copia di “Di’ che ti mando io” di Luca Goldoni. Lo so, lo so, ho capito che l’ho fatto perché voglio tornare bambino. Ma c’è dell’altro. Manca un nuovo Luca Goldoni, che scrive alla grande su giornali e social (Facebook), pur avendo superato qualche “anta”, ed è un maestro prima della nera, poi dei reportage di guerra e infine delle inchieste di scavo sul rapporto padri-figli, sulle code ai semafori, sulla vita di piscina in città. Manca il racconto del reale quotidiano fatto da un bravo pittore, da un bravo ritrattista, da un bravo caricaturista, insomma da un fuoriclasse del giornalismo di costume (pardon).
Dopo qualche giorno passato sfogliando e leggendo il libro “veneziano” di Goldoni, la mia amica Emma – sentinella del mondo creativo attorno a me – mi parla di Sofia Viscardi. Dice che è una che fa dei video. Ok, ci sono, la so. Me l’ha spiegato di recente Fabio Rovazzi: è una vlogger. Ecco, una vlogger. Però ora ha scritto un libro, ovviamente di enorme successo, che s’intitola “Succede”. Interviste sui giornali, ritratti sui vari fogli più smart. Clamore. vado su Yuotube e guardo questo video:
Luca Goldoni – Sofia Viscardi – Fabio Rovazzi eccetera: non c’entrano nulla, target e pubblici diversissimi, forse inconciliabili, ma provo a unire i puntini. Il racconto quotidiano del nostro (ridicolo, romantico, solito, divertito) quotidiano di questi tempi scorre lento ma costante nei blog, nei vlog, nei social media, nella creatività che inizia prestissimo a diventare anche professionalità nelle menti di giovani e giovanissimi nativi e dunque creativi digitali.
Luca Goldoni è un fuoriclasse, non solo perché sa scrivere come pochi, ma anche perché è stato il primo top blogger italiano. Noi ora dobbiamo stare attenti a sprezzare i più giovani raccontatori dell’oggi di oggi – “in fondo, non dicono niente, raccontano soltanto le loro giornate, i fatti loro” – perché la vita è complicata ma la realtà è semplice e chi sa raccontarla con semplicità ha sempre una dote in più di chi invece pensa di averla già capita. Dai, Sofia, di’ che ti manda Luca Goldoni, lui senz’altro non si offende, anzi.
Per ascoltare la puntata di Radiotube con Fabio Rovazzi basta cliccare qui.