La Lega Nord, soprattutto al suo vertice, fa di tutto per tenere le distanze dal suo nuovo, vecchio alleato, il Popolo della libertà, innanzitutto ripetendo a ogni pie' sospinto che Silvio Berlusconi non è il candidato premier della rinnovata intesa di coalizione tra i due partiti ma soltanto il presidente del Pdl. Il dato è, per certi versi, naturale, ma comporta anche un rischio. Eccolo.
Roberto Maroni, grazie al suo capolavoro di tattica e al fatto di aver precorso i tempi della sua candidatura alla Regione Lombardia, soprattutto rispetto alle divisioni e alle lentezze del Pdl, ha ottenuto da Berlusconi tutto quello che poteva ottenere, visto che il ritiro della candidatura di Gabriele Albertini non era nelle disponibilità del leader del Popolo della libertà.
Ora, dunque, Maroni si trova in una buona posizione per correre la gara per Palazzo Lombardia. Deve però stare attento a non commettere l'errore di indispettire troppo e troppi elettori del Pdl. Perché il voto disgiunto, la facoltà cioè di votare un presidente di una coalizione e un partito di un'altra coalizione, possibilità presente alle elezioni regionali come alle comunali, potrebbe essere una tentazione nell'ambito dei sostenitori del Pdl.
In sostanza, un elettore del Pdl, indispettito dai continui distinguo della Lega e dalle continue prese di distanza della sua leadership da Berlusconi, che comunque nel Pdl resta molto amato, potrebbe essere tentato dal votare il proprio partito e un altro candidato presidente, cioè non Maroni, per esempio lo stesso Albertini, che del resto è tuttora europarlamentare eletto nelle file del Pdl e fino a pochi giorni fa poteva contare sull'appoggio di gran parte del Popolo della libertà lombardo e addirittura sul sostegno del governatore uscente, Roberto Formigoni.
Insomma, i leghisti devono stare attenti, per usare un verbo molto chiacchierato in queste ore, a non "inquietare" troppo gli elettori del Pdl.