Alla fine le elezioni non tradiscono quasi mai

Alla fine le elezioni non tradiscono quasi mai. Prendiamo, questa volta, la Russia. Sembrava tutto chiaro, scontato, per certi versi inutile, il ricorso alle urne. Ma la democrazia è sempre più fantasiosa della realtà, delle analisi e delle previsioni.

Certo, non si è votato come si vota in Svizzera. D'accordo, l'informazione in Russia non pare libera come negli Stati Uniti, ma anche a Mosca il web sopperisce alle carenze degli organi di informazione tradizionali. E intanto gli elettori si sono espressi e, tra accuse di brogli e sospetti di irregolarità, comunque il consenso per il partito del premier Putin e del presidente Dmitri Medvedev è calato vistosamente.

Il malcontento ha trovato una sua forma di espressione e come in Turchia gli elettori hanno sottratto al leader comunque molto amato la possibilità di riscrivere a piacimento le leggi fondamentali del paese. Non è un lieto fine, ma è un buon inizio, un passo importante sulla via della "liberaldemocratizzazione" del gigante russo, anche se dispiace notare come i partiti che si sono avvantaggiati del declino di Russia Unita siano soprattutto forze politiche con ispirazioni e atteggiamenti non certo liberal-democratiche fino al midollo.

Forse la storia riconoscerà alcuni meriti per questi sviluppi allo stesso Putin e al giovane presidente Medvedev. Vedremo.

Ps. A proposito di Medvedev, è ovvio sospettare che questo vistoso calo dei consensi per il partito di Putin (più che suo) non lo rattristi più di tanto. Medvedev, nel corso degli anni, ha provato a costruire per sé l'immagine del possibile rinnovatore, liberalizzatore. A volte è stato soltanto un gioco di ruoli – il poliziotto buono e il poliziotto cattivo – coordinato con Putin, ma oggi quell'immagine può tornare utile a lui, al suo partito e alla Russia.

Elezioni in Egitto? "Qui adorano Erdogan"