Interrogativi tristi su una notizia data per buona

Sui giornali di oggi c'è una notizia: una donna su cinque alla Mangiagalli di Milano non dichiara, dunque non lo fa riconoscere dalla legge come tale, il padre di suo figlio o di sua figlia. I commenti proposti almeno dai due giornali generalisti più diffusi sono più o meno positivi e riguardano il diritto di una donna di 35 anni e in carriera (questo è il tipo medio di madre senza padre della prole) di avere comunque un figlio anche se non ha trovato l'uomo giusto. Tutto corretto. Politicamente correttissimo. Danton è uomo e dunque è ovvio che può essere subito delegittimato a parlare. Ma avanzo soltanto domande.

Non sarebbe il caso di valutare se dietro quel caso su cinque non ci sia invece una storia di tristezza, di solitudine? Siamo proprio sicuri che una società di donne sole alle prese con l'educazione dei figli sia una società in cui una donna è libera e un figlio felice? E i padri? L'equazione desiderio uguale diritto uguale valore vale sempre sempre? Anche quando c'è una seconda (e magari una terza) persona coinvolta? Non fanno male quei tic per cui ogni fenomeno nuovo (e di solitudine) è "ovviamente" un elemento della modernità?

  • Carlo |

    Altro quesito maschile, al di la dei tecnicismi squallidi e tristi indicati da margherita, cosa spinge queste persone ad immolarsi a mamme coraggiose, amore o egoismo?

  • margherita |

    caro danton e lettori, consiglio la visione del documentario di current tv ” maternità precaria” (http://current.com/) — in particolare da notare i momenti in cui si suggerisce (funzionari del comune) alle mamme lavoratrici a progetto di non far riconoscere i propri figli per avere diritto ad aiuti da parte del comune o di punti per le graduatorie di nidi e scuole… storie di ordinaria tristezza e fatica.

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