L’operazione Di Maio è astuta, ma #Renzi lo sa

Con una perfetta scelta di tempo, cala sul gioco politico l’operazione Di Maio, dal cognome del vicepresidente della Camera in quota “grillini in giacca e cravatta”. Chi vede il processo di riforme nato dall’intesa Renzi-Berlusconi come il fumo negli occhi assapora con l’acquolina alla bocca l’idea che un po’ di tempo sia perso nell’illusione di coltivare o almeno nel tentativo di riflettere su prospettive alternative di riscrittura della legge elettorale e non solo. Molti possono inoltre tifare per il rientro nel normale tran tran politico dei pentastellati. Qualcuno sogna un M5S costola della sinistra per ribilanciare il riformismo blariano dei renzomani. Anche qualche corporazione può essere tentata, nel deserto politico tutt’attorno a Palazzo Chigi, di giocare di sponda con il volto più o meno moderato dei pentastellati, se non per un’intesa costruttiva, almeno per uno scopo distruttivo o rallentante nei confronti dell’azione di quella che a oggi appare come una corazzata renziana. Beppe Grillo doveva e deve fermare l’emorragia di consensi e di deputati e senatori, dunque lascia aperto un pertugio di autonomia parlamentare per favorire un minimo di dialogo e per poi dire: visto?, ci abbiamo provato, non ci hanno ascoltato nemmeno e quindi torniamo nelle piazze del Vaffa o sui tetti del “non si tocca la carta del ’48”. Intanto tutti coloro che non amano l’attuale situazione politica, retta da un patto di governo tra un Pd oltre il 40 per cento e un centro ridotto al lumicino del 4, intanto tutti coloro che non amano l’attuale situazione politica, fermentata da un’intesa riformatrice tra l’ex sindaco di Firenze e l’ex Cav. (ma anche ex Caimano), insomma tutti i frenatori, per buone o meno ragioni, prendono molto sul serio gli #spiragli grillini, che sono ovviamente soltanto tattici, ma che per chi non ci sta all’ondata renziana sono manna ricicciatoria. Matteo Renzi sa bene tutto ciò, non sbaglia un colpo tattico – vedi la presenza di madame 230 mila preferenze, Alessandra Moretti, di fronte allo stesso Luigi Di Maio per parlare appunto di preferenze – e tira dritto, lasciando aperto – perché privarsene del tutto? – il forno illusorio del dialogo con il Movimento 5 Stelle, ma sempre badando al sodo della sceneggiatura riformatrice scritta con il dimidiato Silvio Berlusconi. Renzi sa che Berlusconi ha interesse a essere protagonista di un’intesa, anche per far dimenticare altri guai, mentre Grillo ha interesse soltanto a essere protagonista di alcune rotture. Volendo le riforme, la soluzione è dunque obbligata. Almeno per ora.

  • lukas |

    La religione dei giornalisti italiani è il pagnottismo. Una religione molto flessibile che ha come primo comandamento: “Non avrai altro Dio all’infuori del Premier”

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