La Lega che esce dalle primarie che hanno (re)incoronato Matteo Salvini segretario ha tre anime, di dimensioni e forze molto differenti tra loro. Vediamole in ordine di grandezza decrescente.
La prima è l’anima sovranista incarnata dalla leadership di Salvini, indebolita nel contesto europeo dalla sconfitta di Marine Le Pen in Francia e di Gert Wilders in Olanda, ma rafforzata dall’ampio successo alle primarie della Lega e senza una reale alternativa all’interno della Lega nord. Sottolineato “all’interno della Lega nord”. Questa anima maggioritaria della Lega vuole dialogare con Silvio Berlusconi ma da una posizione di forza, giocando di sponda con il governatore della Liguria, Giovanni Toti (che sul fronte delle alleanze sta con Salvini), auspica una legge elettorale tendenzialmente maggioritaria e ha uno schema di gioco che prevede l’asse con i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni per la costruzione di un polo sovranista diffuso su tutto il territorio nazionale.
La seconda è l’anima federalista/autonomista incarnata dalla leadership di Luca Zaia e Roberto Maroni, governatori di Veneto e Lombardia, promotori dei referendum autunnali e autonomisti nelle loro Regioni. Quest’anima esce indebolita dalle primarie della Lega, visto il risultato alquanto fiacco di Gianni Fava, anche nelle “sue” zone, ma è rafforzata dal contesto europeo e dal naturale ruolo di ponte nel dialogo con il resto del centrodestra che fu, ovvero Forza Italia di Silvio Berlusconi, centrismi nordici, Energie per l’Italia di Stefano Parisi, Direzione Italia di Raffaele Fitto e Daniele Capezzone, giocando di sponda con il governatore della Liguria, Giovanni Toti (che sul fronte della macroregione del nord sta con Maroni e Zaia).
Zaia, inoltre, non costituisce una leadership alternativa a Salvini all’interno della Lega, per ragioni istituzionali (è governatore di una Regione) e per ragioni tattiche (ora certamente non gli conviene essere interpretato come in antitesi e/o concorrenza a Salvini, soprattutto in tempi di elezioni amministrative, per esempio a Verona). Ma può costituire una leadership alternativa a Salvini all’esterno della Lega, in funzione di federatore del centrodestra e magari anche come candidato premier, come ha più volte fatto capire lo stesso Silvio Berlusconi.
La terza è l’anima indipendentista delle origini incarnata dalla leadership di Umberto Bossi. Per questa corrente leghista la sorte sembra abbastanza segnata: o declino di influenza interna o scissione.
La prima anima è la più forte in termini di consenso interno e forse esterno (una campagna su temi pop-ulisti è più facile ed efficace in termini di crescita marginale dei voti, anche se magari non in termini di vittoria elettorale assoluta), la seconda anima è quella con più spazio di manovra politica. Sapranno collaborare?