Quando annuncerà il suo ritorno nel campo della politica, Nicolas Sarkozy rappresenterà l’esempio migliore di come ci si comporta per costruire, dopo una sconfitta, un gran ritorno in campo. Del resto per Sarkozy non è nemmeno la prima volta, non è il primo ritorno dopo una dura sconfitta. Gli era già successo ai tempi del suo sostegno a Edouard Balladur contro Jacques Chirac, che poi vinse e inevitabilmente si vendicò o comunque lasciò che i suoi rivali più o meno giovani scomparissero per poi tornare. Il nuovo gran ritorno è stato perfettamente costruito da Sarkozy. Roba da prendere nota: accettazione della sconfitta con stile, assunzione di ogni responsabilità, silenzio sulla successiva stagione politica, rispetto dell’oblio, risoluzione di problemi personali, nel senso di giudiziari, protezione della propria vita privata e, alla faccia dei pronostici dei più cinici e maliziosi, costanza nel nuovo celebre matrimonio, con spazio pubblico lasciato alla tosta moglie che aveva rinunciato a qualcosa ai tempi dell’Eliseo. Il gran ritorno in politica di Sarkozy, facilitato dalle intestine divisioni dell’Ump, è talmente perfetto e scontato che potrebbe perfino non accadere, non subito. Acclamato dai militanti, atteso dagli esponenti del suo partito, inseguito dalle donazioni degli elettori per ripianare i debiti neogollisti, Sarkozy ha sbagliato solo in una frase: “Siamo l’unico paese ad avere paura del progresso”, ha detto. Ecco, a me ne viene in mente almeno un altro. Comunque, Sarkozy è tornato alla grande.
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