Se #Renzi fa bingo in Europa

Se gli riesce di litigare almeno un po’ con Bruxelles, beh, allora fa bingo. Così è detto in termini brutali. Però se qualcuno pensava che Matteo Renzi non sapesse bene come fare la campagna elettorale per le prossime Europee, ecco la risposta. Certo, possiamo anche storcere i nasi sui sorrisi dei vertici (alcuni uscenti) delle istituzioni europee, ma un presidente del Consiglio che non le manda a dire a Bruxelles e che appare in contrasto con qualche elemento della macchina comunitaria è sicuramente più attraente, almeno in termini elettorali e soprattutto in questa fase e soprattutto perché può permetesserlo, visto che siamo in un periodo di passaggio tra una Commissione europea e un’altra e tra un Parlamento europeo e un altro. Insomma, mentre Beppe Grillo, insolitamente più moderato sui giornali di oggi, va in tour con il suo “Te la do io l’Europa”, Renzi è in tour in Europa per dire: “Ve le diamo noi le nostre e poi le vostre riforme”. Tutta immagine? Ma l’immagine e la psicologia e il sentiment – parola orribile – contano in tempi elettorali. Eccome. E contano anche in termini di fiducia nella ripresa possibile, nel rilancio auspicabile delle ambizioni del sistema paese in particolare e dell’Unione in generale. Quel che agli osservatori più esperti e saggi può apparire come irrituale indisciplina può risultare invece convincente novità agli occhi degli elettori, tentati ma non convinti dal più facile euroscetticismo a cinque stelle o nordista o forzaitaliano. Ma i fatti, i dati e i dati di fatto sono e saranno un’altra cosa? Certo. Ma nel mondo contemporaneo politica e comunicazione dormono nello stesso letto. Può non piacere, ma è così. Perché spesso la comunicazione precede la politica e la determina (e Renzi ne è convinto), mentre si è sempre pensato il contrario.